Impostando “google alert” con il termine
droga, ogni giorno si vede che non c’è continente, Stato, Istituzione locale,
nazionale ed internazionale, che non sta prendendo posizione contro questo
terribile flagello, anche se con posizioni in certi casi completamente
differenti ed inaspettate, ma tutti accomunati da un severo ed univoco no alle
sostanze stupefacenti. Infatti, sul lato dell’offerta i cartelli della
droga stanno adottando una strategia sempre più aggressiva ed espansionistica
nell'invadere nuovi mercati con nuove droghe, con schemi di distribuzione in
continua evoluzione e con un'abilità sempre più spiccata nell'occultare,
trasferire e ripulire i proventi dei loro traffici.
Un fatto ancor più
preoccupante è che essi utilizzano, come visto nel capitolo precedente, le
risorse accumulate, per interferire con i processi democratici ed economici dei
paesi, condizionando la politica e assumendo il controllo di settori chiave del
mondo imprenditoriale e dei servizi finanziari.
Sempre più spesso si
assiste a forme di collaborazione tra i cartelli della droga e gruppi
terroristici, che utilizzano gli stupefacenti per procurarsi le armi.
Il legame tra traffici
di droga e gruppi terroristici è spesso definito “narcoterrorismo”[1]. Un esempio significativo di
narcoterrorismo, è offerto dalle Fuerzas Armadas Revolucionarias de Colombia
(FARC), e dagli altri gruppi guerriglieri e paramilitari colombiani, il cui controllo
di circa il 40% del territorio nazionale, garantisce un notevole ruolo nel
proficuo traffico di sostanze stupefacenti verso il mercato nordamericano,
stimato in oltre 80 tonnellate di cocaina l’anno e in 10 di eroina.
[1] L’espressione, coniata nel 1984
dall’allora ambasciatore statunitense in Colombia Lewis Tamb, caratterizza ora
quei gruppi terroristici che partecipano direttamente o indirettamente alla
coltivazione, manifattura, trasporto e/o distribuzione delle sostanze
stupefacenti e dei guadagni da esse derivanti.
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