Il testo del discorso che Papa Francesco ha preparato per l'incontro del 22 settembre 2013 col mondo del lavoro a Cagliari.
«Cari fratelli e sorelle, vi saluto tutti cordialmente: lavoratori, imprenditori, autorità, famiglie presenti, in particolare l'Arcivescovo di Cagliari, Mons. Arrigo Miglio, e i tre di voi che hanno manifestato i vostri problemi, le vostre attese, le vostre speranze. Questa mia Visita - come dicevate - inizia proprio con voi, che formate il mondo del lavoro. Con questo incontro desidero soprattutto esprimervi la mia vicinanza, specialmente alle situazioni di sofferenza: a tanti giovani disoccupati, alle persone in cassa-integrazione o precarie, agli imprenditori e commercianti che fanno fatica ad andare avanti. È una realtà che conosco bene per l'esperienza avuta in Argentina. Per questo vi dico: ¡coraggio! Dobbiamo affrontare con solidarietà e intelligenza questa sfida storica».
«Vorrei condividere con voi tre punti semplici ma decisivi. Il primo: rimettere al centro la persona e il lavoro. La crisi economica ha una dimensione europea e globale; ma la crisi non è solo economica, è anche etica, spirituale e umana. Alla radice c'è un tradimento del bene comune, sia da parte di singoli che di gruppi di potere. È necessario quindi togliere centralità alla legge del profitto e della rendita e ricollocare al centro la persona e il bene comune. E un fattore molto importante per la dignità della persona è proprio il lavoro; perché ci sia un'autentica promozione della persona va garantito il lavoro. Questo è un compito che appartiene alla società intera, per questo va riconosciuto un grande merito a quegli imprenditori che, nonostante tutto, non hanno smesso di impegnarsi, di investire e di rischiare per garantire occupazione. La cultura del lavoro, in confronto a quella dell'assistenzialismo, implica educazione al lavoro fin da giovani, accompagnamento al lavoro, dignità per ogni attività lavorativa, condivisione del lavoro, eliminazione di ogni lavoro nero. In questa fase, tutta la società, in tutte le sue componenti, faccia ogni sforzo possibile perché il lavoro, che è sorgente di dignità, sia preoccupazione centrale! La vostra condizione insulare poi rende ancora più urgente questo impegno da parte di tutti, soprattutto delle istanze politiche ed economiche».
«Secondo elemento: il Vangelo della speranza. La Sardegna è una terra benedetta da Dio con tante risorse umane e ambientali, ma come nel resto dell'Italia serve nuovo slancio per ripartire. E i cristiani possono e debbono fare la loro parte, portando il loro contributo specifico: la visione evangelica della vita. Ricordo le parole del Papa Benedetto XVI nella sua visita a Cagliari del 2008: occorre »evangelizzare il mondo del lavoro, dell'economia, della politica, che necessita di una nuova generazione di laici cristiani impegnati, capaci di cercare con competenza e rigore morale soluzioni di sviluppo sostenibile« (Omelia, 7 settembre 2008). I Vescovi della Sardegna sono particolarmente sensibili a queste realtà, specialmente a quella del lavoro. Voi, cari Vescovi, indicate la necessità di un discernimento serio, realistico, ma orientate anche verso un cammino di speranza, come avete scritto nel Messaggio in preparazione a questa Visita. Questo è importante, questa è la risposta giusta! Guardare in faccia la realtà, conoscerla bene, capirla, e cercare insieme delle strade, con il metodo della collaborazione e del dialogo, vivendo la vicinanza per portare speranza. Mai offuscare la speranza! Non confonderla con l' ottimismo - che dice semplicemente un atteggiamento psicologico - o con altre cose. La speranza è creativa, è capace di creare futuro».
«Cari amici, vi sono particolarmente vicino, mettendo nelle mani del Signore e di Nostra Signora di Bonaria tutte le vostre ansie e preoccupazioni. Il Beato Giovanni Paolo II sottolineava che Gesù «ha lavorato con le proprie mani. Anzi, il suo lavoro, che è stato un vero lavoro fisico, ha occupato la maggior parte della sua vita su questa terra, ed è così entrato nell'opera della redenzione dell'uomo e del mondo» (Discorso ai lavoratori, Terni, 19 marzo 1981). È importante dedicarsi al proprio lavoro con assiduità, dedizione e competenza, è importante avere l'abitudine al lavoro. Auspico che, nella logica della gratuità e della solidarietà, si possa uscire insieme da questa fase negativa, affinché sia assicurato un lavoro sicuro, dignitoso e stabile. Portate il mio saluto alle vostre famiglie, ai bambini, ai giovani, agli anziani. Anch'io vi porto con me, specialmente nella mia preghiera. E imparto di cuore la Benedizione su di voi, sul vostro lavoro e sul vostro impegno sociale».
«Terzo: un lavoro dignitoso per tutti. Una società aperta alla speranza non si chiude in se stessa, nella difesa degli interessi di pochi, ma guarda avanti nella prospettiva del bene comune. E ciò richiede da parte di tutti un forte senso di responsabilità. Non c'è speranza sociale senza un lavoro dignitoso per tutti. Per questo occorre »perseguire quale priorità l'obiettivo dell'accesso al lavoro o del suo mantenimento per tutti« (Benedetto XVI, Enc. Caritas in veritate, 32)».
«Ho detto lavoro "dignitoso", e lo sottolineo, perché purtroppo, specialmente quando c'è crisi e il bisogno è forte, aumenta il lavoro disumano, il lavoro-schiavo, il lavoro senza la giusta sicurezza, oppure senza il rispetto del creato, o senza rispetto del riposo, della festa e della famiglia, il lavorare di domenica quando non è necessario. Il lavoro dev'essere coniugato con la custodia del creato, perché questo venga preservato con responsabilità per le generazioni future. Il creato non è merce da sfruttare, ma dono da custodire. L'impegno ecologico stesso è occasione di nuova occupazione nei settori ad esso collegati, come l'energia, la prevenzione e l'abbattimento delle diverse forme di inquinamento, la vigilanza sugli incendi del patrimonio boschivo, e così via. Custodire il creato, custodire l'uomo con un lavoro dignitoso sia impegno di tutti! Ecologia… e anche 'ecologia umanà!».
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