Amavo sognare, nelle mini Olimpiadi che ogni estate facevo con i miei
compagni d’infanzia nel cortile del mio palazzo, di essere Mennea e mi davo
forza durante la gara (come solo un bambino può fare) nel gridare il suo nome
mentre correvo, come se fossi il telecronista della mia prestazione. Se vincevo, alzavo il ditino
verso il cielo come quando lui vinceva, come tanti bambini come me negli anni
80 lo alzavano per imitarlo, sognando di correre come lui.
Il grande campione è stato medaglia d’oro olimpica nel 1980 e detentore per
17 lunghi anni (dal 1979 al 1996) dello storico record di 19’’72 stabilito sui 200 metri alle
Universiadi del 1979 (proprio oggi 35 anni fa) .
Ha vinto
tanto da atleta: un oro e due bronzi olimpici, tre ori, due argenti ed un
bronzo agli europei, un argento ed un bronzo ai mondiali e ha partecipato
cinque volte consecutive alle Olimpiadi, da Monaco 1972 a Seoul 1988.
Il suo pregio
è di non aver mai vissuto di ricordi e glorie sportive: Mennea non è stato solo stato un campione sportivo, ma avuto modo di
laurearsi in scienze politiche, giurisprudenza, scienze dell’educazione motoria
e lettere e di esercitare la professione di avvocato.
La cosa che mi ha sorpreso che un uomo che abbinava al palmares, la cultura
non abbia mai occupato una posizione di prestigio nello sport nazionale, forse
per alcune sue posizioni innovative e per la sua contrarietà alle Olimpiadi a
Roma. Un secco No per salvaguardare il paese da un rischio di carattere
economico e sociale. Scriveva infatti sul suo sito: “due settimane di gare lasciano ad una città, pochi
vantaggi, molti quartieri trasformati, stadi enormi e ingestibili dalle
amministrazioni comunali, costi di manutenzione proibitivi, altre opere edili
sovradimensionate e ben pochi utili”.
Mennea ha saputo
onorare la maglia azzurra, raggiungendo attraverso i suoi successi, vette di
popolarità in tutto il mondo.
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