sabato 2 novembre 2013

Senza la moralità non ci può essere politica

Sono convinto che la sopravvivenza della democrazia in Italia, sia legata alla capacità dei partiti politici di smobilitare la loro occupazione delle Istituzioni e delle aziende a partecipazione pubblica.
Si sente parlare ogni giorno sia a destra che a sinistra, di formazioni (non coalizioni) messe in piedi per dare un Governo al nostro paese: purtroppo questi "aggregati", già in origine lasciano intravedere tentazioni trasformistiche e pendolari.
Non c'è accordo su nulla; non sulla scuola, non sulla previdenza, non sulla sanità, non sul lavoro, non sulla giustizia, neanche sui temi chiave della riforma delle Istituzioni.
C'è disgregazione, spettacoli di lacerazione, d’impotenza e di degradazione istituzionale. Questi politicanti che emergono ogni giorno, sono qualcosa di difficilmente definibile, sembrano "mostri", dai quali il nostro Paese non può aspettarsi altro che grandi sciagure. Sintetizzano il vuoto di pensiero come pretesa di una società dinamica: minimo comun denominatore è l'assenza di strategia, il compromesso quotidiano e occasionale.
Come possiamo immaginare un politico che sia veramente grande, il quale sia privo di un ideale?
Lo sfascio della politica e di conseguenza della democrazia, è figlio della condotta che pretendeva di piegare il sistema istituzionale ai propri calcoli.
Tocqueville diceva: "le loro ambizioni e le loro passioni sono talmente concentrate nel mantenimento del potere che solo al pensiero di lasciarlo sono presi da una sorta di orrore che impone loro di sacrificare l'avvenire al presente e il loro onore al ruolo".
Dobbiamo far si che nella nostra democrazia si ricostruiscano rapporti di lealtà, se non ci si dovesse riuscire, il nostro Paese sarebbe aperto alle avventure di un qualunque "caudillo".
Prima della crisi l'Italia si stava già avviando verso il declino: questo a causa dei costi e (in certi casi) dell'inefficienza della Pubblica Amministrazione; a causa dei costi dell'intero sistema politico a partire dal vertice giù fino all'ultimo comune di 20 abitanti avvezzo a sperperare; a causa del costo della nostra affiliazione all’Unione Europea; infine a causa del cambio  Lira/Euro che ha penalizzato le nostre esportazioni.
A tutto questo si aggiunge la mancanza di valori, l'assenza di correttezza istituzionale, la vecchia e (purtroppo) attuale tendenza ad avere in qualsiasi partito un "ufficio cariche" che, mette al vertice di aziende di Stato, enti pubblici e aziende a partecipazione pubblica (sopratutto a livello regionale e comunale), personaggi non per merito, ma solo perché meritevoli di avere tessere di partito.
Il vero scandalo è stato nell'enunciazione di regole spartitorie come figlie di un sistema che non poteva mai essere modificato.
Nessun leader che ha governato negli ultimi 60 anni ha avuto il controllo (o meglio ne ha avuto fin troppo, ma in senso deplorevole).
Si è per lungo tempo agito e governato condizionati da pressioni del sistema di potere, fatto di clientele e consorterie e nessun partito (e nessuna coalizione) è stato estraneo a questo patrimonio "morale" e "culturale" tipico italiano.
Abbiamo visto in passato Ministri della Repubblica e Presidenti del Consiglio dei Ministri, incapaci, inidonei alle cariche che ricoprivano; questa inidoneità è stata considerata irrilevante e non ha impedito il prolungarsi della loro presenza al Governo, pur nella drammatica evidenza degli insuccessi.
Per lungo tempo la politica fiscale ed economica dei Governi è stata caratterizzata da una continua rincorsa elettorale del facile consenso e non dall'idea di interesse generale per il Paese. Il nostro Stato è stato per anni come una vettura guidata da un conducente spericolato, lungo una strada piena di dossi e tremendamente accidentata.
Un politico degli anni 70 e 80, nel giugno del 1984,  definì il nostro Paese una nuova e strana entità mista: "un terzo Finlandia, cioè neutalità pulita, un terzo Vaticano cioè visione ecumenica delle grandi questioni nazionali e internazionali e un terzo Tangeri cioè mercato e affarismo spericolato".

Miglior definizione e miglior sintesi, non si poteva trovare per definire il vero male della nostra amata Italia.

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