domenica 11 agosto 2013

Alcuni aspetti della flessibilità #laflessibilitasicura

“La flessibilità del mercato del lavoro si considera, generalmente, la sola risposta possibile alla sempre più aspra concorrenza mondiale. Dal momento che essa implica, che il lavoro non sia più un diritto, la conseguenza di un simile sviluppo, è che si indebolisce il contratto sociale vigente, basato sulla funzione integratrice del lavoro. Si rischia che si arrivi a considerare il lavoro come un rapporto sporadico, casualmente dipendente dalla congiuntura economica mondiale, anziché un impegno reciproco stabile, che va a beneficio sia del datore di lavoro sia dei lavoratori salariati.                
I tradizionali modelli occupazionali europei si basano su un'organizzazione collettiva del lavoro, mentre i modelli di occupazione flessibili tendono a rendere individuale il rapporto datore di lavoro/salariato e a indebolire le identità collettive precedentemente basate sul lavoro.
Per contenere i pericoli della flessibilità, dobbiamo studiare la possibilità di dare vita a nuovi diritti o di reinterpretare quelli esistenti, per facilitare il sempre più frequente passaggio da un lavoro a un altro[1](Terry Davis)[2].
In Italia, come in Europa, il mercato del lavoro era da anni sottoposto a continue trasformazioni, sia dal lato della domanda che da quello dell’offerta. Le esigenze di mondializzazione, di competitività e di innovazione tecnologica incidevano, sull’organizzazione del lavoro, sull’allocazione e delocalizzazione produttiva e sull’esternalizzazione e terziarizzazione delle attività produttive. In sintesi questi cambiamenti, dal lato della domanda, evidenziavano un mercato del lavoro flessibile in cui:
·                     è più facile, dover cambiare il lavoro;
·                     è più facile, trovare un lavoro temporaneo piuttosto che un lavoro stabile;
·                     è più facile, trovare il lavoro se si hanno già esperienze lavorative e quindi maggiori competenze professionali.
Di conseguenza, oltre alle tradizionali contrapposizioni tra chi ha un lavoro e chi non lo ha, si doveva considerare il rapporto tra:
·         chi ha un lavoro continuativo e chi no;
·         chi ha un lavoro tutelato e chi no;
·         chi ha un lavoro professionalizzato e chi no.
La mancanza di norme e strumenti contrattuali adeguati a governare il cambiamento, esponeva soprattutto a pericoli i più deboli, per i quali la flessibilità rischiava di trasformarsi in precarietà.




[1]Flexicurity, Flessibilità e welfare. Una sfida da raccogliere”, Sapere 2000, Farrell , 2006, pag. 265
[2] Segretario Generale del Consiglio di Europa.

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