giovedì 18 luglio 2013

Il mercato del lavoro somministrato #laflessibilitasicura

Nel 2010 il mercato del lavoro somministrato[1] ha rappresentato negli Stati Uniti l’1,8% dell’occupazione totale, in Giappone l’1,5%, in Europa l’1,6%, mentre in Italia l’1,1%.
Nel 2011 l’incidenza del lavoro somministrato sull’occupazione dipendente, calcolata sul numero di lavoratori equivalenti a tempo pieno[2], si attesta su una percentuale dell’1,16%.
Rispetto al totale dell’occupazione a carattere temporaneo, che comprende tutte le forme di lavoro subordinato a termine (oltre all’interinale, il tempo determinato, i lavoratori stagionali, e l’apprendistato), la somministrazione di lavoro ha rappresentato nel 2011 il 12%, contro l’11,8% del 2010[3].
Secondo la già citata Direttiva 104 del 2008, “il lavoro tramite agenzia interinale risponde non solo alle esigenze di flessibilità delle imprese ma anche alla necessità di conciliare la vita privata e la vita professionale dei lavoratori dipendenti. Contribuisce pertanto alla creazione di posti di lavoro e alla partecipazione al mercato del lavoro e all’inserimento in tale mercato”.
Il legislatore comunitario formula (a differenza che per il contratto a tempo determinato) una prognosi positiva per il lavoro interinale, in termini di valore sociale, per la capacità che le parti sociali ritengono abbia, al fine di aprire l’accesso al mondo del lavoro e consentire l’inserimento graduale di lavoratori svantaggiati, anche in tempi di recessione economica.
Le motivazioni principali di ricorso a tale strumento sono da annoverarsi:
·                   nelle fluttuazioni della attività lavorativa, ad esempio sostituzioni di personale assente per varie motivazioni, stagionalità della produzione, picchi di lavoro inaspettati, ciclo economico;
·                   per attività continuative ad esempio per il reclutamento e la selezione di personale e/o per la variabilità del costo;
·                   per la necessità di personale specializzato difficilmente reperibile sul mercato.
Statisticamente[4], i settori maggiormente interessati in ordine di sbocco occupazionale, sono: i servizi, il metalmeccanico e l’industria, il commercio e l’alberghiero, il socio sanitario (con differenze tra il nord e il sud della Penisola).




[1] Le stime prima della crisi del 2008,  prevedevano per l’Europa il 3,7%, mentre per l’Italia l’ 1,9%. Nel 2010 la Gran Bretagna registra un 3% di penetrazione, ed è lo Stato con il maggior tasso di penetrazione. Lo Stato con il minimo tasso di penetrazione è la Russia con lo 0,1%. Sul tasso di penetrazione la fonte è l’Economic Report del Ciett (International Confederation of Private Employment Agencies) del 2012.
[2] Full time equivalent.
[3] Osservatorio Nazionale Ebitemp: Il lavoro interinale nel 2011.
[4]Fonte: Dati Ebitemp 2011.

Nessun commento:

Posta un commento