lunedì 8 luglio 2013

Da flessibilità a flexicurity #laflessibilitasicura

Anche la sicurezza sociale è un fenomeno complesso e di difficile realizzazione. La letteratura[1] riconosce almeno tre componenti:
1.                  sicurezza d’impiego: che misura il livello di fiducia di un lavoratore di poter mantenere un determinato impiego presso una determinata impresa;
2.                  sicurezza di lavoro: si riferisce alla probabilità di rimanere impiegato, ma non necessariamente con le stesse mansioni e presso lo stesso datore di lavoro;
3.                  sicurezza di reddito misura la probabilità di evitare periodi in cui il reddito familiare cada al di sotto di uno standard minimo. In pratica una misura della capacità del sistema sociale d’intervenire a sostegno dei redditi la dove avvengano periodi di disoccupazione e/o inattività.
Per passare dal concetto di flessibilità al principio di flexicurity, è necessario aumentare il grado di flessibilità in tutte e cinque i suoi elementi sopra indicati (vedi post 2 luglio). Allo stesso tempo è necessario abbandonare definitivamente il miraggio della sicurezza d’impiego, in altre parole la prima componente della sicurezza sociale, infine è necessario compensare la perdita di sicurezza di permanenza in un dato impiego, attraverso una maggiore sicurezza di lavoro, con attività di riqualificazione e di formazione e una maggiore sicurezza di reddito, attraverso l’ampliamento degli strumenti di sostegno al reddito.




[1] Monitoring flexicurity policies in the  European Union  with dedicate composit indicators, in  WSI - Diskussionpapiere, n. 137, Tagian, 2005 .


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