Anche la sicurezza
sociale è un fenomeno complesso e di difficile realizzazione. La letteratura[1] riconosce
almeno tre componenti:
1. sicurezza d’impiego: che misura il
livello di fiducia di un lavoratore di poter mantenere un determinato impiego
presso una determinata impresa;
2. sicurezza di lavoro: si riferisce alla
probabilità di rimanere impiegato, ma non necessariamente con le stesse
mansioni e presso lo stesso datore di lavoro;
3. sicurezza di reddito misura la
probabilità di evitare periodi in cui il reddito familiare cada al di sotto di
uno standard minimo. In pratica una misura della capacità del sistema sociale
d’intervenire a sostegno dei redditi la dove avvengano periodi di
disoccupazione e/o inattività.
Per
passare dal concetto di flessibilità al principio di flexicurity, è necessario
aumentare il grado di flessibilità in tutte e cinque i suoi elementi sopra
indicati (vedi post 2 luglio). Allo stesso tempo è necessario abbandonare
definitivamente il miraggio della sicurezza d’impiego, in altre parole la prima
componente della sicurezza sociale, infine è necessario compensare la perdita
di sicurezza di permanenza in un dato impiego, attraverso una maggiore
sicurezza di lavoro, con attività di riqualificazione e di formazione e una
maggiore sicurezza di reddito, attraverso l’ampliamento degli strumenti di
sostegno al reddito.
[1] Monitoring flexicurity policies in the European Union with
dedicate composit indicators, in WSI - Diskussionpapiere, n. 137, Tagian,
2005 .
Nessun commento:
Posta un commento