Ci si domanda se le politiche di
flessibilità in entrata al mercato del lavoro, abbiano almeno contribuito alla
riduzione del tasso di disoccupazione e all’aumento del tasso di occupazione.
L’analisi dei dati impedisce di stabilire
un qualsiasi rapporto di causa ed effetto tra, l’aumento della precarietà e il
miglioramento degli indici di occupazione e disoccupazione e, l’indice del
grado di protezione dei lavoratori calcolato dall’Ocse, detto EPL (Employment
Protection Legislation Index) che è considerato una buona approssimazione del
livello d’inflessibilità del mercato del lavoro.
Analizzando il rapporto statistico tra i
tassi di disoccupazione e di occupazione e l’indice EPL si può concludere che
non sussiste alcuna correlazione statistica significativa tra queste variabili.
Infatti, l’EPL dal 1998 al 2003 si riduce nella maggioranza dei Paesi, ma
nel medesimo periodo i tassi di occupazione e disoccupazione fanno registrare
gli andamenti più disparati, in molti casi addirittura opposti a quelli auspicati
dai fautori della flessibilità. Esiste un’unica eccezione, almeno un caso in
cui la precarizzazione dei rapporti di lavoro si è verificata in concomitanza
con un miglioramento dei tassi di occupazione e disoccupazione: questa
eccezione è rappresentata dall’Italia.
Dal “Pacchetto Treu” alla “Legge Biagi”,
le riforme del mercato del lavoro attuate nel nostro Paese, hanno determinato
un vero e proprio crollo del nostro indice EPL di protezione dei lavoratori.
Ora, bisogna, in effetti, riconoscere che questa picchiata dell’indice EPL
italiano si è verificata in concomitanza con un cospicuo miglioramento dei
tassi ufficiali di occupazione e disoccupazione. Infatti, se i fautori della
flessibilità in entrata avessero ragione, la forte riduzione dell’indice EPL italiano
rispetto alla media europea dovrebbe aver generato dei risultati occupazionali
notevolmente migliori della media dell’Unione.
Accade invece che tra il 1998 e il 2006,
il nostro tasso di occupazione cresce pressoché in linea con la media europea,
e dal 1993 addirittura cresce di meno. Se si guarda al tasso di disoccupazione
nazionale, si scopre subito che la sua buona performance è dipesa in misura
rilevante da un fenomeno tutt’altro che positivo, consistente nella crescita
dei cosiddetti “lavoratori scoraggiati”, cioè chi rinuncia a cercare un lavoro
dopo vari tentativi falliti.
Il modesto risultato dell’Italia si spiega
col fatto che nel nostro paese gli “scoraggiati” o “inattivi”, sono cresciuti
molto più della media europea, e questo ha evidentemente comportato una
fuoriuscita di persone dalla popolazione attiva.
Le persone che rinunciano a cercare un
lavoro, infatti, fuoriescono sia dal novero dei disoccupati sia dalla
popolazione attiva, cioè sia dal numeratore sia dal denominatore del tasso di
disoccupazione. L’effetto aritmetico è che, essendo il numero dei disoccupati
solo una parte relativamente piccola della popolazione attiva, l’uscita degli
scoraggiati pesa di più sul numeratore e quindi il tasso di disoccupazione si
riduce. Se invece gli scoraggiati fossero contemplati nel calcolo del tasso di
disoccupazione, questo sarebbe assai peggiore in Italia che in Europa, sia nei
livelli sia nella sua dinamica.
Altro dato importante riguarda i
cassaintegrati; questi, sono “de facto” disoccupati ma non per l’Istat, in
quanto non dichiarano di cercare lavoro e beneficiano di un sussidio statale.
Il passaggio dal concetto classico di
disoccupazione a questo concetto allargato, che tiene conto della
disoccupazione occultata dalla cassa integrazione e dello scoraggiamento, ci
consente di costruire un tasso di disoccupazione più aderente alla realtà.
Stante queste considerazioni, la domanda
che ci si pone è questa: a cosa è mai servita la “flessibilizzazione” del
mercato del lavoro di questi anni?
La risposta per molti potrebbe essere
semplice: a indebolire i lavoratori e quindi a ridurre i salari. Se c’è,
infatti, una correlazione robusta, è quella che sussiste tra EPL e crescita
salariale: più basso è l’indice di protezione dei lavoratori, più i salari
arrancano. Nelle prossime settimane e nei prossimi posts vedremo di rispondere.
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