Ad aprile, dopo l'approvazione della riforma del lavoro, avevo scritto un articolo per denunciare l'ennesimo colpo all'italiana messo a segno dal Governo per assicurare copertura finanziaria ad un corpo di misure necessarie per adeguare il nostro paese quantomeno al meno sviluppato degli altri paesi europei. A cedere risorse fu il mondo delle auto aziendali, ovvero i beni che quotidianamente consentono a moltissimi lavoratori italiani di produrre, conseguentemente generare ricchezza e gettito allo stato. Tutto ciò nella consapevolezza che difficilmente si decide di lasciare ferma un'auto oppure si decide di dismetterla e con la costanza di prelevare sempre sulle stesse tasche delle solite fasce di cittadini. In realtà il declino del mondo automotive continua, inesorabile, senza soluzione di continuità e senza far presagire un punto d'inversione, Oggi veniamo a conoscenza che i nostri fantomatici ministri, con a capo un fior d'economista ostaggio di politici inadatti ed inadeguati, hanno concluso l'opera: la detraibilità per alcune fasce di utilizzatori passata dal 40% al 27,5% viene fissata a 20% mentre per altre scende dal 90% al 70%.
I commercialisti dello studio De Matteis di Torino (guarda caso ex capitale dell'auto in Italia) hanno stimato in 6,28% l'aggravio di costo per le aziende nel 2013, ovvero ben 1.256€ a veicolo.
Il tutto in barba alle normative fiscali in materia molto generose negli altri paesi e soprattutto ai benefici che il settore delle auto aziendali garantiscono alla comunità (ricadute positive sull'ambiente visto l'utilizzo medio di 3 anni dei mezzi aziendali e la certificazione delle spese sostenute sui veicoli da parte delle aziende locatrici).
Al peggio non c'è veramente fine.
Andrea Carbutti
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