All’indomani
dell'ipotesi prelievo forzoso a Cipro, in questi giorni ho assistito a tante interviste di leader politici
che rassicuravano i risparmiatori italiani. A tutti coloro che dicono che il “caso
Cipro” è un caso anomalo e non potrebbe mai verificarsi
in Italia, ricordo che 21 anni fa, nel lontano 11 luglio 1992, con
un Decreto Legge da 30.000 miliardi di lire (tra le
altre cose) veniva deliberato (retroattivamente al 9 luglio), il prelievo forzoso del 6 per mille dai conti correnti bancari per un "interesse
di straordinario rilievo", in relazione a "una situazione di drammatica emergenza della finanza pubblica”.
Tra l’altro per chi pensò che il Decreto Legge fosse da considerarsi incostituzionale, le
eccezioni di incostituzionalità vennero successivamente respinte dalla Consulta.
Era un periodo
difficile in cui i mercati si accanivano contro la lira e grazie a quest’operazione,
lo Stato Italiano incassò svariati miliardi di lire e si calmò la tempesta
sui mercati.
Quindi, nel
1992 anche in Italia fu stabilito il principio che lo Stato poteva mettere
le mani nelle tasche dei propri cittadini all’improvviso.
Ma è stata una
piccolissima cosa rispetto a quello che avrebbero potuto vivere i
cittadini di Cipro se i deputati ciprioti ieri sera non avessero detto di no.
Questa
e quella del 1992, non sono belle pagine di finanza pubblica, infatti, prendere
denaro dai risparmiatori è un atto che presuppone un default e deve essere
visto come l’ultima spiaggia.
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