L'ipotesi di accordo per il rinnovo del CCNL metalmeccanico firmata lo scorso 5 dicembre prende spunto dalle recenti modifiche normative per sperimentare nuove forme di somministrazione di lavoro a termine esenti dal vincolo della cosiddetta causale.
La facoltà di intervento della contrattazione collettiva (di ogni livello, anche aziendale) sul punto è stata introdotta dal cosiddetto Decreto di recepimento della Direttiva europea sul lavoro tramite agenzia interinale (art. 4 D.Lgs. 24/2012).
Il Decreto ha ampliato le fattispecie in cui per le aziende è possibile ricorrere alla somministrazione a termine anche mancando una specifica esigenza tecnica, organizzativa, produttiva o sostitutiva (in questi casi si parla comunemente di "acausalità").
La prima ipotesi di acausalità nella somministrazione a termine è stata introdotta dalla L. 191/2009, che ha esteso a questo istituto una facoltà già presente nella disciplina del contratto a termine: il requisito della causale non è richiesto nel caso al contratto commerciale di somministrazione siano associati lavoratori iscritti alle liste di mobilità ai sensi dell'art. 8, comma 2, L. 223/1991 (art. 20, comma 5-bis, D.Lgs. 276/03).
Il Decreto di recepimento ha preso spunto dalla medesima logica soggettiva (la particolare condizione di difficoltà occupazionale del lavoratore) per ampliare la acausalità anche ai casi di utilizzo di soggetti disoccupati percettori dell'indennità ordinaria di disoccupazione (non agricola) da almeno sei mesi, o comunque percettori di altri ammortizzatori sociali (anche in deroga) da almeno sei mesi, ed di lavoratori definiti svantaggiati o molto svantaggiati secondo il Regolamento CE 800/2008 (art. 20, comma 5-ter, D.Lgs. 276/03).
Ha invece abbandonato la logica soggettiva in quella parte della norma in cui lascia alla contrattazione collettiva la possibilità di definire ulteriori ipotesi di acausalità (art. 20, comma 5-quater, D.Lgs. 276/03).
I due interventi normativi riportati (quello della fine del 2009 e quello del 2012) danno dimostrazione dell'intenzione di percorrere una strada di progressivo allontanamento dal vincolo causale nel contratto di somministrazione. Ciò del resto, non va dimenticato, sulla traccia dell'impianto di indirizzo europeo sulla materia che, distinguendo contratto di lavoro a termine da contratto (che in Italia chiamiamo) di somministrazione di lavoro, per quest'ultimo richiede l'eliminazione di vincoli e condizioni d'ingresso.
Il legislatore italiano non si è evidentemente spinto a tanto, ma la facoltà lasciata alla contrattazione collettiva di ogni livello di incidere liberamente sul punto è indubbiamente significativa; la norma poteva rimanere lettera morta, incapace di incidere sulla realtà effettiva dei rapporti, se non "esercitata" dalle parti sociali. L'ipotesi di accordo nel metalmeccanico la rende effettiva e la fa vivere.
Non nascondo che, occupandomi della materia ormai da diversi anni, la curiosità e l'interesse di verificare come la delega sarebbe stata in grado di esprimersi nel complesso, variegato e multistrato sistema delle relazioni sindacali era ed è tanta.
La gestione della causale è stata fin dalla sua introduzione l'elemento più complesso e delicato nel ricorso alla somministrazione di lavoro a termine, così come per il contratto di lavoro a termine.
Come ogni clausola generale, anche le "esigenze di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo" portano con sé da un lato il beneficio di non costringere i possibili fruitori della norma entro rigidi schemi o elenchi predefiniti, dall'altro l'incertezza interpretativa circa i confini legittimi di una definizione in sé generica.
Ed in questi casi l'incertezza interpretativa si scioglie inevitabilmente in sede giudiziale, quando le fattispecie concrete su cui le parti si sono esercitate nel dare contenuto specifico alla clausola generale, vengono sottoposte alla valutazione del giudice. Solo a quel punto, e con la "sedimentazione" negli anni delle pronunce, i fruitori della norma sanno cosa siano le "esigenze di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo". Solo ex post.
La speranza, in queste circostanze, è che la didattica giurisprudenziale si esprima sugli altri; è di non essere interrogati per primi alla prima interrogazione di un professore sconosciuto (e normalmente piuttosto severo, se mi è concessa la traslazione sul contesto lavoristico).
Così è avvenuto nell'esperienza del contratto a termine e della somministrazione di lavoro a termine, dove le aziende hanno imparato che non bastava avere l'esigenza (tecnica, produttiva, organizzativa o sostitutiva che fosse) di assumere un nuovo lavoratore per superare indenni un'eventuale contestazione circa l'uso di quei due contratti. Serviva che quella esigenza non fosse "normale", ma che avesse una identità limitata nel tempo, contingente e specifica; magari prorogabile ma limitata, contingente e specifica. E, altrettanto, che fosse pienamente descritta nel contratto. Mancando tutto ciò, l'eventuale sentenza era sfavorevole.
Su questa scorta, e tornando alla curiosità ed all'interesse suscitato dalla nuova norma, viene naturale chiedersi quante aziende sappiano di avere la possibilità di definire spazi di acausalità per il proprio ricorso alla somministrazione a termine. O almeno la possibilità di tentare questa strada aprendo il dialogo con le proprie rappresentanze sindacali.
Un contesto tanto importante come il metalmeccanico (a livello di comparto, dunque) ha fatto ricorso alla norma nell'ipotesi di accordo che si citava all'inizio. (Il documento, da parte sindacale, non contiene la firma di CGIL per la nota vicenda del mancato riconoscimento del contratto 2009, di cui questo del dicembre 2012 costituisce rinnovo.)
Ha stabilito che le aziende del comparto potranno stipulare, in ogni anno solare, contratti di somministrazione acausali per un numero di lavoratori pari a quello dei lavoratori somministrati assunti a tempo indeterminato nei 3 anni precedenti o a cui, comunque, sia stata fatta proposta scritta in tal senso, poi rifiutata. Per dirla in altri termini, tanti l'azienda ne ha "stabilizzati" (i.e. assunti direttamente a tempo indeterminato) o proposto di stabilizzarne, tanti ne potrà ricevere in somministrazione a termine senza vincolo di causale.
Vi è di più.
1) In ogni caso – quindi fuori dal meccanismo della preventiva stabilizzazione -, le aziende del comparto potranno beneficiare dell'acausalità per un numero di lavoratori in somministrazione corrispondenti alla metà della forza lavoro a tempo indeterminato, fino ad un massimo di 3; (il testo parla di "almeno 3", ma una nota di Federmeccanica precisa il "fino a").
2) La somministrazione sarà acausale anche in caso di utilizzo di soggetti che si trovino in particolari condizioni soggettive, ulteriori rispetto a quelle già definite dalla legge (persone con accesso al collocamento obbligatorio o con una invalidità certificata di almeno il 20%; soggetti condannati ammessi al regime di semilibertà, oppure in via di dimissione o dimessi dagli Istituti di Pena).
Queste nuove ipotesi di acausalità – che si sommano alle diverse già previste dalla legge - diventano dunque "patrimonio" per tutte le aziende del comparto metalmeccanico, senza necessità di ulteriore accordo con i sindacati di territorio o aziendali. E senza che la declinazione adottata dal CCNL impedisca che, nel medesimo comparto, accordi di territorio o aziendali ne prevedano ulteriori.
Mauro Soldera
Noto con piacere che l'acausalità nella somministrazione potrebbe essere una risposta importante. Spero solo che all'indomani delle elezioni solo per ragionamenti ideologici non si facciamo grandi passi indietro, sarebbe devastante per aziende e per lavoratori.
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