I principali
punti della «Dichiarazione di Arusha» sono:
- ogni cittadino ha
diritto alla libertà di parola, associazione, movimento e fede, nel contesto
delle leggi vigenti;
- le ricchezze
naturali del paese appartengono a tutti i cittadini, che le trasmettono ai
figli e nipoti;
- il governo deve
usare tutte le risorse nazionali per eliminare povertà, ignoranza e malattia;
- affinché il
Tanzania sia socialista, è essenziale che il suo governo sia scelto e guidato
da contadini e operai;
- lo sviluppo
inizia dalle campagne, non dalle fabbriche;
- è stupido puntare
sul denaro quale mezzo principale di sviluppo, quando il paese è povero;
- il popolo e il
duro lavoro sono la base dello sviluppo; il denaro è uno dei frutti del lavoro;
- è giusto essere
orgogliosi dei lavoratori, ma vergognarsi dei pigri, dei fannulloni, degli
ubriachi;
- indipendenza è
contare sui propri mezzi, non su doni e prestiti monetari esterni.
Si nazionalizzano
le banche, quasi tutte le industrie, le compagnie di assicurazione, ma
l’intervento più impegnativo è quello in campo agricolo, che è il fulcro dell’
economia del paese.
La rivoluzione
agraria si chiama ujamaa vijijini, socialismo nei villaggi.
Nei villaggi viene infatti raggruppata la popolazione dispersa nel grande territorio, perché viva in comunità rurali, economiche e sociali, affrancandosi dalla dipendenza degli aiuti esterni.
Nei villaggi viene infatti raggruppata la popolazione dispersa nel grande territorio, perché viva in comunità rurali, economiche e sociali, affrancandosi dalla dipendenza degli aiuti esterni.
L’insieme delle
riforme messe in cantiere richiede uno Stato forte che diriga i cambiamenti,
così come il benessere di tutti può essere garantito solo da un governo stabile
e coeso.
Il partito unico,
riconosciuto tale dalla Costituzione adottata nel 1965 è la soluzione al
problema.
La simbiosi
partito-stato porta ad una concentrazione di poteri che si tradurranno nella
fusione tra funzioni amministrative e di partito.
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