Contemporaneamente
alla Dichiarazione di Arusha, Nyerere adotta un codice di comportamento per i
dirigenti del partito:
- è proibito possedere azioni o essere amministratori di società private,
- è vietata la proprietà di immobili, esclusi quelli di abitazione,
- ricevere più di uno stipendio.
Si lancia una
grande campagna di educazione politica in cui si spinge la popolazione a non
restare passiva davanti alla tirannia dei dirigenti, a scrollarsi di dosso
l’eredità coloniale e la sottomissione all’autoritarismo.
Non bisogna
piegarsi all’arbitrio, ma combatterlo e denunciarlo in tutte le occasioni e a
tutti i livelli.
La dialettica del controllo deve potersi sviluppare nei due sensi: dall’alto in basso e viceversa.
La dialettica del controllo deve potersi sviluppare nei due sensi: dall’alto in basso e viceversa.
Vengono forniti al
popolo gli strumenti per criticare i potenti, difendersi e, se del caso,
attaccare (saranno costretti alle dimissioni anche ministri ed alti dirigenti).
Quando, nel 1985,
Nyerere lascia la carica presidenziale, il Paese affronta la successione in
condizioni di completa normalità e calma.
Nyerere, lascia una
cultura politica creata insieme al suo popolo: “a ciascuno di voi individualmente, a tutti quelli che sono
organizzati nei villaggi, nelle cooperative, nelle diverse professioni, a tutti
i lavoratori onesti che hanno contribuito al nostro sviluppo, a tutti io dico
grazie. Insieme abbiamo costruito una Nazione. ”
A quasi trenta anni
dal discorso d’addio di Nyerere, la Tanzania ha subito notevoli cambiamenti,
politici (dal 2000 il partito non è più unico), economici e sociali, non tutti
positivi ma le radici dell’albero piantato da Nyerere, sono profonde e
capaci di resistere agli attacchi del nuovo colonialismo delle multinazionali e
delle grandi organizzazioni internazionali.
Questa è e deve essere la mortalità in politica. La Tanzania ci è arrivata e noi? Bello studio Andrea
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