I dati relativi alla situazione del mercato del lavoro e all'evoluzione della dinamica dei prezzi, confermano una situazione di debolezza del ciclo economico europeo, ma con qualche differenza (come di consuetudine) tra la Germania e i paesi cosidetti"periferici".
Il tasso di disoccupazione medio per i 17 paesi che appartengono all'Unione monetaria, secondo la stima degli economisti, dovrebbe crescere al nuovo massimo storico dell'11,7% (nel 2009 era al 9,6%...).
Se andiamo ad analizzare paese per paese non ci dovrebbero essere grandi sorprese, infatti, il dato della Germania a novembre dovrebbe mantenersi stabile al 6,9%, mentre per i paesi del "Sud europa" (non amo definirli in senso dispregiativo "periferici", perche' sono Paesi, che di periferico non hanno nulla, in quanto hanno la stessa dignita' ma sopratutto la stessa storia europea della Germania e della Francia), sono previsti, anche se marginalmente, tassi in aumento. Tra questi anche il tasso italiano che dallo 10,8%, dovrebbe aumentare di uno 0,1%, e passare al 10,9% (scoraggiati esclusi).
Sul fronte dei tassi di inflazione nell'area dell'unione monetaria, è previsto un marginale calo dello 0,1%, al 2,4%, grazie sopratutto al calo previsto dello 0,2% per l'inflazione della Germania (a 1,8%), mentre di segno opposto si rivelano i paesi del "Sud", come ad esempio la Spagna. Il tasso del paese iberico, infatti e'previsto in aumento per via degli effetti dell'aumento dell'IVA e registra un ipotetico rialzo dell'inflazione dello 0,1% ( al 3,6%), mentre il tasso della nostra penisola è in aumento al 2,7%.
Nel complesso il rallentamento del ciclo economico fa permanere deboli le condizioni del mercato del lavoro europeo. Questo dimostra come gli andamenti del tasso di disoccupazione sono influenzati dalle scelte di fondo di politica economica. Non è un caso che la situazione occupazionale e' divenuta veramente difficile solo con il 2010, quando la crisi del debito ha attaccato Irlanda e Grecia. All'inizio della crisi si era reagito supportando la domanda aggregata e incoraggiando la riduzione dell'orario di lavoro. Successivamente, con il passaggio ad una politica incentrata su drastici tagli della spesa pubblica per ridurre i deficit pubblici, la disoccupazione è esplosa.
Basta leggere la "Riforma del lavoro" della Fornero per renderci conto che non solo non è stato fatto nulla per combattere la precarietà, ma le cose sono state peggiorate. Il che è abbastanza singolare, considerando che generalmente una riforma dovrebbe apportare una situazione migliorativa. Un'impresa è più incentivata ad assumere un nuovo lavoratore, piuttosto che stabilizzare un tempo determinato. Ed è inconcepibile che questo sia favorito da una legge. Si è parlato tanto di "flessibilità"...bene, avanti con la flessibilità. Ma che sia "flessibilità vera", non che se perdo il lavoro rimango senza chissà fino a quando...perchè non creano flessibilità che garantisca continuità contributiva? Allora sì che avrebbero ragione..ma se ne guardano bene, la realtà è sotto gli occhi di tutti. La riforma del lavoro ha peggiorato una situazione di per sè già allarmante. Così non se ne esce, oltretutto non stabilizzare il lavoratore determina un blocco totale dell'economia, perchè la moneta non circola. A mio avviso una politica assurda ed assassina.
RispondiEliminaPerdonami ma non sono d'accordo. Si è resa più difficile utilizzare a flessibilità cattiva (piva, progetti etc) e si è incentivata quella buona finalizzata alla stabilizzazione (apprendistato e somministrazione). Si è ribadito che il contratto dominante è quello a tempo indeterminato. Ora sta alle aziende far si che sia realtà. Le Apl stanno lavorando sodo per questo. Basta leggere l'articolo di Andrea su apprenistato
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