lunedì 3 settembre 2012

Se l'Euro attenta alla democrazia di Andrea Martire

Guardando la situazione ad oggi verrebbe da dire che "se Atene piange Sparta non ride". Nel gioco delle parti Atene impersonifica la Grecia, Sparta sono tutti gli altri o quanto meno tutti quelli che si sono venuti a trovare in condizioni simili a quelle da tragedia greca. Quindi, tanto per intenderci, Irlanda, Spagna, Portogallo, Italia e - dicono i maligni - a breve anche la Francia. 
Parliamo di Europa unita e di democrazia. Di unione monetaria, è vero, volontaria. Il trattato di Nizza e quello di Lisbona hanno portato ad un più massiccio livello di integrazione degli stati, fino ad accarezzare l’ideale spinelliano della vera Unità d’Europa. E l’unione monetaria è senz’altro presupposto imprescindibile. Ma di fronte a quello che accade oggi, viene da chiedersi parafrasando la scatola magica, se il prezzo è giusto. Assistiamo a diktat pesantissimi da parte di stati membri (la Germania certamente, ma non è da meno il ruolo della rigidissima Finlandia) ad altri, certamente meno virtuosi. 
Ma con quale diritto?  E’ sensato arrivare alla macelleria sociale greca (o anche alla nostra) per inseguire i teutonici? E’, ancora, una contrapposizione nord-sud come successo, per esempio, per l'accordo agricolo Ue Marocco? Ed è una fortuna che i britannici non ci stiano nell’euro, altrimenti la loro rigidità si sarebbe sommata a quelle del gruppo dei "virtuosi". 
Siamo davvero convinti che le cose cambieranno e diverremo tutti virtuosi come frau Angela o andremo avanti a colpi di tasse e riduzione dei servizi? Forse sarebbe più opportuno ripensare a tutto il percorso di integrazione. Oppure, provocatoriamente, ripartire da zero ma con stesse condizioni per tutti. Sarebbe più accettabile per la gente comune (ma anche per Spinelli e Schumann...) e avrebbe anche più senso; così si potrebbe creare l'Europa dei popoli e non quella dei poveri.


Andrea Martire

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