Ieri siamo
andati allo Stadio Olimpico in occasione del Sei Nazioni di Rugby, per vedere
il match tra Italia e Francia. Abbiamo comprato dei biglietti di curva Sud e
abbiamo portato mia figlia. Intorno a me tre diverse generazioni: alla mia
sinistra un gruppetto di quattro ragazzi tra i 15 e i 17 anni di Roma, sotto
di me al lato destro un gruppo di tre quarantenni Veneti e infine cinque
ragazziCampani, sotto di me al lato sinistro. I gruppetti erano formati da
uomini e donne.
Quello che mi
ha colpito di tutti i gruppi era il disinteresse completo per la partita:
avevano solo la voglia di stare assieme e (citando uno dei quarantenni)
"spaccarsi a bestia"!
Prima della
partita tra inni nazionali e coreografie, la media era di almeno 3 birre per
ogni persona dei 3 gruppetti. Al fischio d'inizio i 3 "caciaroni" dei
3 gruppetti, tirano fuori il tabacco, le cartine e il loro pezzettino di fumo
con una normalità disarmante e da lì un rito veloce e ripetitivo per i 3
gruppi: prendono una noce di tabacco mista a fumo, la squagliano con l'accendino
e la sfilacciano nel palmo della mano. Arrotolano la cartina, inseriscono il
filtro e girano la sigaretta tra le dita in modo che il tabacco misto a fumo
potesse scorrere uniformemente. Poi il rito dell'accensione e il passaggio tra
i membri dei vari gruppetti. Tutto nella completa normalità con quel l'odore
acre che aleggiava in libertà. Purtroppo accanto a noi avevo mia figlia e un
suo amichetto e che per la libertà di questi 3 gruppetti di spaccarsi a bestia,
sono stati costretti a respirare questo schifo per 2 ore. Ragionando
sull'accaduto si capisce che gli assuntori di cannabis non sono più
identificabili con un unico ceto sociale e si distribuiscono in tutte le classi
e in tutte le fasce di età, senza distinzioni di sesso e regione. È cambiata
la percezione della droga che dissociandola dall’immagine dell’eroinomane
emarginato, è vista come una sostanza del tutto compatibile con una
normalissima vita. Si sa che presenta dei rischi, anche se prevale un'idea
d’innocuità di queste sostanze e un’atmosfera di normalità che si sta
diffondendo. Sono sostanze che facilitano la socialità e non sono sostanze
da inoculare e quindi non lasciano segni visibili.
Il mondo del
consumo è spesso caratterizzato dalla poliassunzione, abbinato anche con
sostanze lecite: si beve alcol e alla fine con una canna ci si rasserena gli
animi. Sono cambiati gli assuntori, ragazzi e ragazze giovani che studiano o
lavorano ma anche professionisti di fascia alta. Cambiano anche i luoghi
di consumo, non solo durante le partite, i rave e in discoteca, ma anche tra le
mura domestiche.
Si
sottovalutano però le conseguenze come la depressione, gli incidenti
automobilistici, l’ansia, il panico: e per avere queste conseguenze non serve
l’abuso ma basta anche l’uso associato ad una specifica predisposizione del
soggetto. Ciò che preoccupa è che tutto questo avviene davanti a tutti,
senza preoccupazioni: è normale. Non oso immaginare con la legalizzazione cosa
possa accadere. Legalizzando, infatti, si dichiara che ciò che è legale è
normale, e quindi morale: non è quindi solo la sostanza ad essere legalizzata,
ma sono le ragioni che conducono a consumarla che si trovano legittimate. Alla
fine della partita ho contato almeno una media di otto birre e di quattro canne
per uno.
Una domanda
per chi legge: questi tre gruppetti fumavano perché il prodotto era proibito o
perché soddisfavano un bisogno (quello di spaccarsi)? La proibizione è legata all’offerta, ma
l’offerta esiste perché c’è una domanda e la domanda c’è, non perché il
prodotto è proibito, ma perché corrisponde ad un bisogno la cui origine è
psicologica e sociologica.
La domanda di droga se non affrontata in maniera adeguata continuerà a
crescere anche legalizzando.
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