venerdì 18 settembre 2015

Fed, Pechino e la rivalutazione dell'Euro....

Non sono un'economista, ma con curiosità cerco di capire cosa succede intorno ai miei occhi. 

Il listino di Shanghai ha perso molti punti percentuali da giugno in poi, dopo un'incessante crescita del 150% in un anno. 

Da giugno l’estrema volatilità dei mercati cinesi e di conseguenza asiatici e mondiali, ricorda quella dell’inizio del 2007, preludio alla crisi americana dei subprime e forse quella che si palesava nel 2001 prima dell'attacco alle Torri Gemelle. 

Ma il crollo della borsa cinese, non rileva un segnale di debolezza della Cina ma forse è la conseguenza di una strategia per frenare la ripresa dell'America e quindi impedire (come fatto ieri) l'aumento dei tassi da parte della Fed. 

La Fed ha lasciato infatti ieri sera il costo del denaro al minimo, con la giustificazione che la Banca Centrale si impegna a "monitorare gli sviluppi all'estero che potrebbero frenare l'economia Usa". 

Cosa vuol dire non rialzare i tassi? Bloccare la remuneratività del denaro. 
E intanto le borse questa mattina si sono svegliate al ribasso.
Se a questo associamo che la Cina sta facendo grandiosi acquisti di oro fisico molto probabilmente stiamo assistendo ad una guerra valutaria....

E in tutto questo l'Euro? Sale sul dollaro. L'Europa quindi subisce suo malgrado la rivalutazione dell'Euro e vede davanti lo spettro di una economia rallentata. 
Un prezzo dell'euro più alto significa difficoltà ad esportare, poiché gli oggetti prodotti in Europa costano molto di di più. E questo aggrava ulteriormente la situazione delle esportazioni del vecchio continente. 

Un Euro più forte potrebbe essere un problema per le prospettive di crescita nei paesi dell’eurozona e quindi potrebbe portare la  BCE a incrementare le politiche di stimolo all’economia, come il Quantitative Easing.

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