venerdì 19 settembre 2014

Pace a voi di Ulderico Conti

Chi vuole la guerra? C'è qualcuno che conosciate che vada in giro cercando di fomentare una guerra mondiale?
Se rispondete si a questa domani allora probabilmente frequentate con una certa assiduità ospedali psichiatrici o fabbriche di armi..
In generale, almeno nel cosiddetto "mondo occidentale" non esiste persona che sia così politically uncorrect da schierarsi per il conflitto planetario. Spesso si ascoltano discorsi sulla necessità di portare una cultura di pace, preservare le diversità, abbattere le diseguaglianze; negli ambienti "culturalmente più evoluti" parlare di guerra è quasi tabù, se si pronuncia solo la parola si rende necessario esorcizzare i brutti pensieri che essa evoca accompagnandola con aggettivi o sostantivi fino a spingersi al limite dell'ossimoro: "guerra preventiva", "missione di pace", "guerra al terrorismo" etc.
Per l'elite culturale serpeggia un ostentato pacifismo.
Ma che significa essere "pacifisti"?
Tifare per la pace?, perché (mi chiedo nuovamente) c'è qualcuno sano di mente che tifi per la guerra?
Mi sono chiesto se anche io sono pacifista.
Non lo so...almeno...ancora non so rispondere con coerenza, senza essere retorico o contraddittorio.
È evidente che anche io preferisca la pace, che sia "pacifico", ma essere pacifisti, dicevo prima, vuol dire questo?
Credo che la maggior parte delle persone se interpellate potranno rispondere alla domanda:"cos'é la pace?" Con:"l'assenza di guerra".
Io non credo che sia esattamente così.
In questo momento storico la Pace rappresenta qualcosa di più, il "creare una cultura di pace" è un concetto molto meno pratico e molto più filosofico, con implicazioni etiche, culturali, religiose che rendono molto più complesso il panorama e recano con se tutte le contraddizioni, incoerenze e contrapposizioni che fanno della pace un "problema".
Proviamo a dare uno sguardo d'insieme.
Se la pace fosse un punto di partenza da preservare e difendere, allora vorrebbe dire che qualunque conflitto fosse esso religioso, politico o territoriale, andrebbe condannato e sedato con una decisa condanna. Si ma come?
Se la pace invece si sentisse come un punto di arrivo, un obiettivo da raggiungere considerando la conflittualità un elemento presente da combattere allora vorrebbe semplicemente dire che nel momento attuale non siamo in una fase di "assenza di guerra"...lascio a voi la conclusione.
È qui che non riesco a trovare coerenza con la mia volontà di "essere in pace".
Mi sembra che il concetto di pace in se porti inevitabilmente alla guerra, non solo per la semplice definizione ad contra, ma perché non esiste motivo di pulire se prima non si è sporcato.
Mi sembra questo il problema del dirsi pacifisti secondo l'uso comune, è come se si fosse tifosi di una squadra di calcio e si sperasse tutte le domeniche che piova perché la partita venga rinviata.
Ad un certo punto bisogna fare i conti con il mondo, bisogna scegliere, bisogna anche definire ciò che è giusto, distinguerlo da ciò che non lo è. Il primo conflitto da evitare è quello con la propria coscienza, sapere, o meglio, voler sapere, ciò che per noi stessi è un ideale per cui combattere è l'unico modo di trovare pace.
La pace che si poggia su scelte non fatte, assenze di giudizio, libertà costrittive e soffocanti, ci costringe ad un mondo in eterno conflitto.
Naturalmente ciò di cui parlo non è la dimensione privata di ognuno di noi, quello che vorrei fosse scelto con chiarezza è l'indirizzo pubblico.
La responsabilità che dobbiamo assumerci è quella della "scelta pubblica", quella di pensare oltre le mura della nostra casa a ciò che è bene, a quello che dovremmo fare perché altri come noi possano scegliere, perché si possa pensare ad un dopo di noi coerente, equo, libero e giusto!
Crisi di valori, mancanza di prospettive, assenza di riferimenti, sono questi gli argomenti della/e crisi, quella di casa nostra come quella del "mondo occidentale", a pensarci bene però, cambiando le parole le stesse cose diventano i "pilastri imprescindibili della società moderna" per alcuni.
Allora "crisi di valori" diventerà "riconsiderazione del concetto di famiglia" oppure "modernità e avanzamento delle idee", i valori non ci saranno più come tali ma come surrogati posticci da combattere o avallare a secondo dei gusti, la giustizia sarà giustizialismo o garantismo, l'onestà sarà assenza di scaltrezza o mancanza di capacità imprenditoriale, la carità sarà buonismo e la prossimità umana debolezza. L'essere religiosi, vorrà dire avere una dimensione culturale limitata e l'occuparsi della cosa pubblica il cercare un tornaconto personale.
Tutto è il contrario di tutto e in questo la guerra rimane dentro di noi, nella nostra vita nella quotidianità.
È scandaloso vedere un uomo che viene decapitato davanti ad una telecamera, è scandaloso pensare che qualcuno possa togliere la vita a qualcun'altro. Ma lo è perché la vita è sacra in se o perché quel signore vestito di nero che sproloquia su religione e guerra Santa è la trasposizione di ciò che riconosciamo come male?

Troppo facile così, troppo comodo vedere il brutto e cattivo che taglia le teste e dire "io sono per la pace", siamo pronti a combattere per la pace? Siamo capaci di capire per cosa stiamo combattendo? Se terra, onore, famiglia, giustizia, Dio etc. Non sono più le nostre priorità per cosa ci stiamo lamentando?, cosa ci scandalizza?...siamo già in ginocchio e la testa che rotola è già la nostra.

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