Le sostanze stupefacenti, si prestano a diversi criteri
classificativi.
Si può ipotizzare facilmente, un criterio storico che, non
ha alcuna valenza giuridica, che ne prevede la suddivisione in droghe “antiche”
e droghe “moderne”.
E’ certo, invece, il criterio legislativo che le
suddivide, ad esempio nel nostro ordinamento giuridico, in due tabelle.
Un criterio preparativo, le differenzia in sostanze
“naturali”, “semisintetiche” e “sintetiche”, mentre uno chimico, le raggruppa
sulla base della similitudine strutturale.
Esiste inoltre, la possibilità di far riferimento ad un
criterio sintomatologico che sottolinea le modificazioni psichiche, in rapporto
alla loro attività sul sistema nervoso centrale.
In particolare alla luce di quest’ultimo criterio si
parla di droghe deprimenti[1],
droghe stimolanti[2] e droghe
psichedeliche[3].
I fattori che influenzano gli effetti di una droga
d’abuso sul consumatore, al di là di quella che è l’azione specifica della
sostanza sul sistema nervoso centrale, sono diversi e individuabili come
fattori chimico-farmacologici e fattori socio-psicologici.
Quando si parla di fattori chimico-farmacologici, è
importante, oltre alla dose e alla frequenza di assunzione della sostanza, lo
stato chimico-fisico in cui è assunta e la modalità di introduzione
nell’organismo[4].
Quando si parla invece di fattori socio-psicologici, si
fa riferimento all’associazione di variabili soggettive quali la storia, la personalità
e le attese del consumatore e di variabili oggettive come l’ambiente e le
circostanze in cui la sostanza stupefacente
è assunta.
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