“La flessibilità del mercato del lavoro si considera,
generalmente, la sola risposta possibile alla sempre più aspra concorrenza
mondiale. Dal momento che essa implica, che il lavoro non sia più un diritto,
la conseguenza di un simile sviluppo, è che si indebolisce il contratto sociale
vigente, basato sulla funzione integratrice del lavoro. Si rischia che si
arrivi a considerare il lavoro come un rapporto sporadico, casualmente
dipendente dalla congiuntura economica mondiale, anziché un impegno reciproco
stabile, che va a beneficio sia del datore di lavoro sia dei lavoratori
salariati.
I tradizionali modelli
occupazionali europei si basano su un'organizzazione collettiva del lavoro,
mentre i modelli di occupazione flessibili tendono a rendere individuale il
rapporto datore di lavoro/salariato e a indebolire le identità collettive
precedentemente basate sul lavoro.
Per contenere i pericoli della
flessibilità, dobbiamo studiare la possibilità di dare vita a nuovi diritti o
di reinterpretare quelli esistenti, per facilitare il sempre più frequente
passaggio da un lavoro a un altro[1](Terry Davis)[2].
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