lunedì 28 aprile 2014

Il lavoro tramite agenzia

Secondo la già citata (da queste colonee) Direttiva 104 del 2008, “il lavoro tramite agenzia interinale risponde non solo alle esigenze di flessibilità delle imprese ma anche alla necessità di conciliare la vita privata e la vita professionale dei lavoratori dipendenti. Contribuisce pertanto alla creazione di posti di lavoro e alla partecipazione al mercato del lavoro e all’inserimento in tale mercato”.
Il legislatore comunitario formula (a differenza che per il contratto a tempo determinato) una prognosi positiva per il lavoro interinale, in termini di valore sociale, per la capacità che le parti sociali ritengono abbia, al fine di aprire l’accesso al mondo del lavoro e consentire l’inserimento graduale di lavoratori svantaggiati, anche in tempi di recessione economica.
Le motivazioni principali di ricorso a tale strumento sono da annoverarsi:
·                   nelle fluttuazioni della attività lavorativa, ad esempio sostituzioni di personale assente per varie motivazioni, stagionalità della produzione, picchi di lavoro inaspettati, ciclo economico;
·                   per attività continuative ad esempio per il reclutamento e la selezione di personale e/o per la variabilità del costo;
·                   per la necessità di personale specializzato difficilmente reperibile sul mercato.
Statisticamente[1], i settori maggiormente interessati in ordine di sbocco occupazionale, sono: i servizi, il metalmeccanico e l’industria, il commercio e l’alberghiero, il socio sanitario (con differenze tra il nord e il sud della Penisola).
Al lavoro temporaneo gli Stati Europei, si sono avvicinati sin dal secondo dopoguerra, anche se spesso in modo distaccato e alquanto scettico e ostacolati dalle varie forze sindacali poco propense ad accettare una forma di occupazione temporanea, perché temevano che potesse portare solo a una sovrabbondanza di posti di lavoro, a fronte però di una precarietà istituzionalmente introdotta dal lavoro temporaneo.
Solo negli anni settanta, quando ci si rese conto che in realtà il collocamento pubblico non era più in grado di far fronte a un mercato del lavoro sempre più alla ricerca di soluzioni flessibili, la parte sindacale e le forze politiche più scettiche si spinsero verso questo strumento contrattuale.
In Europa con l’espressione lavoro temporaneo si faceva riferimento a contratti caratterizzati dalla temporaneità della prestazione di lavoro effettuata in favore di un certo soggetto.  
Tra le tipologie contrattuali utilizzate si poteva anche inserire il cosiddetto rapporto di lavoro interinale che prevedeva una relazione a tre, fondata su un doppio rapporto contrattuale in base al quale un’agenzia di lavoro interinale (impresa fornitrice) inviava temporaneamente un lavoratore, da essa stessa assunto, presso un terzo soggetto utilizzatore (impresa cliente o utilizzatrice), per effettuare una determinata attività lavorativa sotto la direzione e il controllo di quest’ultima.
C’è da dire che non esiste un unico modello vincente di legge sul lavoro temporaneo, in quanto ogni legge deve essere considerata nell’ambito dello Stato in cui viene promulgata, tenendo conto delle influenze e pressioni che l’hanno generata e per i risultati che genera all’interno del sistema. Dall’analisi sulla legislazione vigente nei diversi Paesi Europei risulta però evidente che, a fronte di numerose differenze, esiste un unico elemento comune a tutti: la presenza di una relazione triangolare che lega il lavoratore, l’agenzia per il lavoro  e l’impresa utilizzatrice.





[1]Fonte: Dati Ebitemp 2011.
[2] L’interinale, rappresenta il 3% dell’occupazione totale nel 2010.

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