domenica 27 aprile 2014

Flessibilità e precarietà

Spesso l’utilizzo di strumenti per facilitare la flessibilità, può essere considerato come uno dei mezzi per incrementare l’occupazione. Secondo questa visione, le aziende, facilitate dall'esistenza di contratti poco vincolanti, sarebbero incentivate a richiedere costantemente al mercato del lavoro tutte quelle figure professionali di cui hanno bisogno in un determinato momento, senza essere costrette a tenerle sotto contratto oltre il dovuto. In questo modo, la domanda di occupazione sarebbe sbloccata e si produrrebbe un circolo virtuoso destinato a incrementare la richiesta. Tutto questo, ha incidenza sempre più sull’aspetto sociale, infatti, spesso i contratti flessibili sono classificati solo come strumento di risparmio da parte delle aziende e come uno strumento di crescita del precariato. Il concetto di flessibilità è utilizzato sempre più spesso come sinonimo di precarietà, soprattutto quando sono rilevati fattori d’instabilità, come la mancanza di continuità nella partecipazione al mercato del lavoro o la mancanza di un reddito sicuro col quale pianificare la propria vita presente e programmare il futuro. In realtà a mio parere si tratta di due dimensioni completamente diverse.
Già lo stesso giuslavorista Marco Biagi, nel 2001 nel Libro Bianco[1] sul mercato del lavoro, tendeva a differenziare in maniera molto chiara i due concetti di flessibilità e precarietà, sostenendo che “un mercato del lavoro flessibile, deve anche migliorare la qualità, oltre che la quantità dei posti di lavoro, rendere più fluido l’incontro tra obiettivi e desideri delle imprese e dei lavoratori e consentire ai singoli individui di cogliere le opportunità lavorative più proficue, evitando che essi rimangano intrappolati in situazioni a rischio di forte esclusione sociale”.
Quale miglior descrizione del ruolo delle Agenzie per il lavoro?



[1] Libro Bianco sul mercato del lavoro: proposte per una società attiva e per una lavoro di qualità, Ministero del Lavoro e della Previdenza sociale, ottobre 2001.

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