In Italia, il mercato del lavoro è da
anni sottoposto a continue trasformazioni, sia dal lato della domanda che da
quello dell’offerta.
Le esigenze di competitività e d’innovazione
incidono sull’organizzazione del lavoro, sulla delocalizzazione produttiva e
sull’esternalizzazione delle attività produttive.
Questi cambiamenti, dal lato della domanda, hanno evidenziato
un mercato del lavoro flessibile in cui:
·
è più facile, dover cambiare il
lavoro;
·
è più facile, trovare un lavoro
temporaneo piuttosto che un lavoro stabile;
·
è più facile, trovare il lavoro se si
hanno già esperienze lavorative e quindi maggiori competenze professionali.
Di conseguenza, oltre alle
tradizionali contrapposizioni tra chi ha un lavoro e chi non lo ha, si deve
considerare il rapporto tra:
·
chi ha un lavoro continuativo e chi no;
·
chi
ha un lavoro tutelato e chi no;
·
chi
ha un lavoro professionalizzato e chi no.
La mancanza di
norme e strumenti contrattuali adeguati a governare il cambiamento, espone
soprattutto a pericoli i più deboli, per i quali la flessibilità rischia di
trasformarsi in precarietà.
All’interno di un
dibattito che, a 16 anni dall’entrata in vigore del lavoro temporaneo (era il
1997 con il pacchetto Treu), si è fatto sempre più aspro, un aspetto cruciale e
ancora controverso, riguarda la funzione collocativa del lavoro somministrato. In
altre parole, si tratta di capire se il lavoro temporaneo rappresenta un canale
d’ingresso nel mercato del lavoro a tempo indeterminato, o se, viceversa, i
lavoratori sono usati dalle imprese solo per motivi di flessibilità
organizzativa e produttiva, restando intrappolati in una situazione di
precariato permanente. Queste preoccupazioni hanno dato origine a una serie di
analisi empiriche volte a valutare sia le differenze tra lavoratori permanenti
e temporanei, sia le probabilità della transizione dal lavoro temporaneo a
quello permanente.
Durante il periodo che va dalla Legge n.196 del 1997 al 2013, passando per
il 2003 (Legge Biagi) le organizzazioni sindacali hanno evidenziato, quindi,
problemi ed esigenze cui, si è voluto dare risposta quindi con il rinnovo
contrattuale del 24
luglio 2008 prima e con la sua evoluzione, ovvero la nuova ipotesi
di accordo dell’11
settembre 2013 .
Il CCNL, cosi com’è stato “ipotizzato”, porta a un’innovazione articolata,
segnata da un binomio: il rafforzamento della tutela del lavoro, dentro e fuori
i luoghi di lavoro e il rafforzamento della qualità dell’impresa.
La flessibilità, deve essere sorretta da regole e tutele adeguate: senza tali elementi la flessibilità, si
trasforma in mera competizione basata sul costo, sganciata dai processi di
valorizzazione del “valore” lavoro e della qualità dell’impresa e fonte solo di
mera precarietà.
Questa ipotesi di accordo è un utile esempio di come la contrattazione
collettiva, può contribuire ad ottenere maggiori diritti e opportunità per i
lavoratori in somministrazione, arginando gli effetti negativi della
precarietà.
Il Contratto Collettivo, diventa quindi una risposta efficace per far sì
che, nell’economia attuale, anche il lavoratore sia un soggetto forte e
competitivo, non perché flessibile o poco costoso, ma perché
professionalizzato, perché in grado di servirsi di agenzie per il lavoro
efficienti.
Le agenzie per il lavoro come operatori privati in questi anni hanno fatto
un ottimo lavoro affiancando e in certi casi sostituendo gli operatori
pubblici.
Le agenzie
per il lavoro si sono dimostrate in questi anni un soggetto efficace sia
nell'intermediare domanda e offerta di lavoro, sia nell'inserimento delle
persone in percorsi formativi e di continuità professionale, sia
nell’accompagnare i lavoratori in percorsi di ricollocazione professionale.
In questo senso avvalersi di
soggetti competenti e che rappresentano una vera e propria infrastruttura sul
territorio consente notevoli vantaggi per persone, aziende e sistema produttivo
del Paese. Ed ecco perché la parola flessibilità, portata
avanti dalle agenzie per il lavoro non deve essere mai più confusa da nessuno
con precarietà, in quanto è una flessibilità “buona” e sicura.
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