martedì 24 settembre 2013

Il mio punto di vista sull'ipotesi di accordo per il rinnovo del CCNL dei lavoratori in somministrazione

In Italia, il mercato del lavoro è da anni sottoposto a continue trasformazioni, sia dal lato della domanda che da quello dell’offerta.
Le esigenze di competitività e d’innovazione incidono sull’organizzazione del lavoro, sulla delocalizzazione produttiva e sull’esternalizzazione delle attività produttive.
Questi  cambiamenti, dal lato della domanda, hanno evidenziato un mercato del lavoro flessibile in cui:
·                     è più facile, dover cambiare il lavoro;
·                     è più facile, trovare un lavoro temporaneo piuttosto che un lavoro stabile;
·                     è più facile, trovare il lavoro se si hanno già esperienze lavorative e quindi maggiori competenze professionali.
Di conseguenza, oltre alle tradizionali contrapposizioni tra chi ha un lavoro e chi non lo ha, si deve considerare il rapporto tra:
·              chi ha un lavoro continuativo e chi no;
·              chi ha un lavoro tutelato e chi no;
·              chi ha un lavoro professionalizzato e chi no.
La mancanza di norme e strumenti contrattuali adeguati a governare il cambiamento, espone soprattutto a pericoli i più deboli, per i quali la flessibilità rischia di trasformarsi in precarietà.
All’interno di un dibattito che, a 16 anni dall’entrata in vigore del lavoro temporaneo (era il 1997 con il pacchetto Treu), si è fatto sempre più aspro, un aspetto cruciale e ancora controverso, riguarda la funzione collocativa del lavoro somministrato. In altre parole, si tratta di capire se il lavoro temporaneo rappresenta un canale d’ingresso nel mercato del lavoro a tempo indeterminato, o se, viceversa, i lavoratori sono usati dalle imprese solo per motivi di flessibilità organizzativa e produttiva, restando intrappolati in una situazione di precariato permanente. Queste preoccupazioni hanno dato origine a una serie di analisi empiriche volte a valutare sia le differenze tra lavoratori permanenti e temporanei, sia le probabilità della transizione dal lavoro temporaneo a quello permanente.
Durante il periodo che va dalla Legge n.196 del 1997 al 2013, passando per il 2003 (Legge Biagi) le organizzazioni sindacali hanno evidenziato, quindi, problemi ed esigenze cui, si è voluto dare risposta quindi con il rinnovo contrattuale del 24 luglio 2008 prima e con la sua evoluzione, ovvero la nuova ipotesi di accordo dell’11 settembre 2013.
Il CCNL, cosi com’è stato “ipotizzato”, porta a un’innovazione articolata, segnata da un binomio: il rafforzamento della tutela del lavoro, dentro e fuori i luoghi di lavoro e il rafforzamento della qualità dell’impresa.
La flessibilità, deve essere sorretta da regole e tutele adeguate: senza tali elementi la flessibilità, si trasforma in mera competizione basata sul costo, sganciata dai processi di valorizzazione del “valore” lavoro e della qualità dell’impresa e fonte solo di mera precarietà.
Questa ipotesi di accordo è un utile esempio di come la contrattazione collettiva, può contribuire ad ottenere maggiori diritti e opportunità per i lavoratori in somministrazione, arginando gli effetti negativi della precarietà.
Il Contratto Collettivo, diventa quindi una risposta efficace per far sì che, nell’economia attuale, anche il lavoratore sia un soggetto forte e competitivo, non perché flessibile o poco costoso, ma perché professionalizzato, perché in grado di servirsi di agenzie per il lavoro efficienti.
Le agenzie per il lavoro come operatori privati in questi anni hanno fatto un ottimo lavoro affiancando e in certi casi sostituendo gli operatori pubblici.

Le agenzie per il lavoro si sono dimostrate in questi anni un soggetto efficace sia nell'intermediare domanda e offerta di lavoro, sia nell'inserimento delle persone in percorsi formativi e di continuità professionale, sia nell’accompagnare i lavoratori in percorsi di ricollocazione professionale.  In questo senso avvalersi di soggetti competenti e che rappresentano una vera e propria infrastruttura sul territorio consente notevoli vantaggi per persone, aziende e sistema produttivo del Paese.  Ed ecco perché la parola flessibilità, portata avanti dalle agenzie per il lavoro non deve essere mai più confusa da nessuno con precarietà, in quanto è una flessibilità “buona” e sicura.

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