lunedì 29 luglio 2013

Una politica dal basso, nella società per "la felicità" di tutti

Qualche mese fa avevo parlato di "Pepe" e della possibilità,se si vuole, di poter cambiare le cose.
Vi ricordate il discorso della felicità? http://andreazirilli.blogspot.it/2013/04/se-si-vuole-si-puo-pensare-e-agire.html?q=politica : "Veniamo alla luce per essere felici. Perché la vita è corta e se ne va via rapidamente. E nessun bene vale come la vita, questo è elementare. Ma se la vita mi scappa via, lavorando e lavorando per consumare un plus e la società di consumo è il motore, perché, in definitiva, se si paralizza il consumo, si ferma l’economia, e se si ferma l’economia, appare il fantasma del ristagno per ognuno di noi. Ma questo iper consumo è lo stesso che sta aggredendo il pianeta. I vecchi pensatori – Epicuro, Seneca o finanche gli Aymara – dicevano: povero non è colui che tiene poco, ma colui che necessita tanto e desidera ancora di più e più. Queste cose che dico sono molto elementari: lo sviluppo non può essere contrario alla felicità. Deve essere a favore della felicità umana; dell’amore sulla Terra, delle relazioni umane, dell’attenzione ai figli, dell’avere amici, dell’avere il giusto, l’elementare. Precisamente. Perché è questo il tesoro più importante che abbiamo: la felicità!".
Nel 1940 in una pellicola unica "Il grande dittatore", Charlie Chaplin, nella parte finale diceva: "io non voglio fare l’Imperatore, non è il mio mestiere. Non voglio governare, né conquistare nessuno. Vorrei aiutare tutti se possibile: ebrei, ariani, neri o bianchi". 
Questi due esempi mi fanno venire in mente alcune considerazioni: sarebbe bello rivedere la vera politica secondo la definizione originaria di Aristotele, ovvero "politica"come l'amministrazione della "polis" per il bene di tutti.
Da questa definizione, sono passati tanti secoli ma il concetto di politica è così cambiato nel tempo da non poter più essere definito oggi così.
Di chi è la colpa? Non diciamo dei politici, ma sicuramente anche di tutti noi e l’astensionismo ne è una testimonianza, dimenticando che il voto è un diritto, ma anche un dovere e non una facoltà.
Ma ora abbiamo una possibilità di cambiare. Come?

  • Riportiamo nelle scuole la vera educazione civica per educare i nostri figli che possono esistere questi esempi a rieducare una classe elettorale sul disconoscimento dell'interesse particolaristico a vantaggio dell'interesse  collettivo.
  • Sforziamoci con passione tutti a considerare la politica come uno strumento, l'unico a nostra disposizione per far cambiare le cose.
  • Interessiamoci ai problemi della nostra comunità prima e del Paese poi.
  • La politica non è quella che si fa nei palazzi, ma è un processo che deve partire dal basso, dai piccoli comuni, dai municipi (che a me piace chiamare circoscrizione) e culmina nella capitale. E' un processo del quale facciamo tutti parte e non possiamo permetterci di voltargli  le spalle.
  • Dobbiamo muoverci  tutti per creare coscienza sociale ovvero una politica dal basso, nella società civile per la società di tutti.

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