Qualche mese fa avevo parlato di
"Pepe" e della possibilità,se si vuole, di poter cambiare le cose.
Vi ricordate il discorso della felicità? http://andreazirilli.blogspot.it/2013/04/se-si-vuole-si-puo-pensare-e-agire.html?q=politica : "Veniamo
alla luce per essere felici. Perché la vita è corta e se ne va via rapidamente.
E nessun bene vale come la vita, questo è elementare. Ma se la vita mi scappa
via, lavorando e lavorando per consumare un plus e la società di consumo è il
motore, perché, in definitiva, se si paralizza il consumo, si ferma l’economia,
e se si ferma l’economia, appare il fantasma del ristagno per ognuno di noi. Ma
questo iper consumo è lo stesso che sta aggredendo il pianeta. I vecchi
pensatori – Epicuro, Seneca o finanche gli Aymara – dicevano: povero non è
colui che tiene poco, ma colui che necessita tanto e desidera ancora di più e
più. Queste cose che dico sono molto elementari: lo sviluppo non può essere
contrario alla felicità. Deve essere a favore della felicità umana; dell’amore
sulla Terra, delle relazioni umane, dell’attenzione ai figli, dell’avere amici,
dell’avere il giusto, l’elementare. Precisamente. Perché è questo il tesoro più
importante che abbiamo: la felicità!".
Nel 1940 in una pellicola unica
"Il grande dittatore", Charlie Chaplin, nella parte finale diceva: "io non voglio fare
l’Imperatore, non è il mio mestiere. Non voglio governare, né conquistare
nessuno. Vorrei aiutare tutti se possibile: ebrei, ariani, neri o
bianchi".
Questi due esempi mi fanno venire in mente alcune
considerazioni: sarebbe bello rivedere la vera politica secondo la definizione originaria di
Aristotele, ovvero "politica"come
l'amministrazione della "polis" per il bene di tutti.
Da questa definizione, sono passati tanti
secoli ma il concetto di politica è così cambiato nel tempo da non poter più
essere definito oggi così.
Di chi è la colpa? Non diciamo dei
politici, ma sicuramente anche di tutti noi e l’astensionismo ne è una testimonianza,
dimenticando che il voto è un diritto, ma anche un dovere e non una facoltà.
Ma ora abbiamo una possibilità di
cambiare. Come?
- Riportiamo nelle scuole la vera educazione civica per
educare i nostri figli che possono esistere questi esempi a rieducare una
classe elettorale sul disconoscimento dell'interesse particolaristico a
vantaggio dell'interesse collettivo.
- Sforziamoci con passione tutti a considerare
la politica come uno strumento, l'unico a nostra disposizione per far
cambiare le cose.
- Interessiamoci ai problemi della nostra
comunità prima e del Paese poi.
- La politica non è quella che si fa nei palazzi,
ma è un processo che deve partire dal basso, dai piccoli comuni, dai
municipi (che a me piace chiamare circoscrizione) e culmina nella
capitale. E' un processo del quale facciamo tutti parte e non possiamo
permetterci di voltargli le spalle.
- Dobbiamo muoverci tutti per creare coscienza sociale ovvero
una politica dal basso, nella società civile per la società di tutti.
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