Dai primi anni ottanta si è
cominciato a pensare che le rigidità del mercato del lavoro e la mancanza di
“dinamismo” del sistema di protezione sociale, fossero le cause di una persistente
alta disoccupazione e dei bassi livelli di crescita[1].
Negli anni novanta[2]si
è andato diffondendo un sostanziale consenso riguardo al fatto che i
cambiamenti nelle condizioni socio economiche e la presenza di un mercato
globalizzato, avevano reso obsoleto e inefficiente il così detto “modello
sociale europeo”.
Cosa s’intende per
modello sociale europeo? La letteratura tende classificare il modello sociale
europeo, suddividendolo in quattro diverse tipologie, con differenti
prospettive e caratteristiche: il modello anglosassone, il modello nordico, il modello
continentale e il modello mediterraneo[3].
Le caratteristiche
di questi quattro modelli[4],
si possono cosi riassumere:
·
modello anglosassone: caratterizzato
da alta flessibilità del lavoro, protezione sociale concentrata su mezzi di
ultima istanza[5];
·
modello nordico[6]:
caratterizzato da alta flessibilità del lavoro, alti livelli di protezione
sociale e forti ed incisive politiche attive;
·
modello continentale[7]:
caratterizzato da bassa flessibilità del lavoro e alta protezione sociale;
·
modello mediterraneo[8]:
caratterizzato da alta protezione del lavoro (e conseguente bassa flessibilità)
alti livelli di protezione sociale basati sul principio contributivo.
I motivi della crisi
del sistema sociale europeo sono da annoverarsi principalmente nella bassa
flessibilità del mercato del lavoro, nella sicurezza sociale di tipo
assistenziale ed infine in una progressiva e continua segmentazione del mercato
del lavoro.
Si è cominciato
quindi ad analizzare quali possono essere le strade possibili per andare
incontro a strategie di crescita e di sviluppo.
Il modello danese[9]
e olandese hanno mostrato di saper ben fronteggiare le dinamiche del mercato
del lavoro.
In questi due Stati,
la sicurezza sociale e la flessibilità del mercato del lavoro convivono in
maniera molto armoniosa.
Gli esperti del settore parlano, infatti,
di “triangolo d’oro danese”, caratterizzato
da:
·
livello di protezione dell’impiego
basso;
·
generoso sistema di protezione
sociale di carattere universalistico;
·
elevati investimenti nelle politiche
attive per il lavoro[10].
[1]“The role of shocks and
institutions in the rise of European 33” Blanchard e Wolfers, 2000.
[2]“Is the European social
model fragmenting?” in, New Political
Economy, Grahl e Teaugueb, 1997.
[3]
“The World does not owe us a living!”, paper
prepared for the policy network project on the future of the European
Social model, Giddens, 2005.
[4]
“The three
worlds of welfare capitalism”, Princeton University Press, Esping e Andersen, 1990. Si
veda anche: Ferrera:
“The Four Social Europes: between Universalism and Selectivity”, in Rhodes e Meny, The Future of European welfare: a new
social contract, 1997.
[5] La Gran Bretagna è
stata forse l’unico Stato che negli anni ottanta, ha tentato una riforma
radicale del mercato del lavoro e del sistema di protezione sociale con il
Primo ministro Margaret Thatcher dal 1979 al 1990.
[6] Paesi
scandinavi e Olanda.
[7] Francia,
Germania, Austria, Belgio e Lussemburgo.
[8] Italia,
Spagna, Portogallo e Grecia.
[9] Il Governo della Danimarca, afferma che
il proprio modello di flexicurity si basa su un efficiente “triangolo d’oro”:
flessibilità del mercato del lavoro, welfare state e politiche attive del
mercato del lavoro a sostegno delle conseguenze “indesiderate” della
flessibilità stessa.
[10]
Riqualificazione, formazione e istruzione continua.
Caro Andrea, l'analisi degli assetti sociali europei è esaudiente, ma va assolutamente considerato che ciascuna delle sottocategorie ha una fore relazione con il modello di sviluppo delle aziende. I modelli anglosassone e nordico sono inseriti in un contesto dove la burocrazia è pressochè inesistente e quindi le aaziende nascono, si evolvono, cambiano e muoiono per poi rinascere con estrema facilità e dinamicità. Ovviamente anche la conversione delle aziende è altrettanto dinamica, quindi la flessibilità del mondo del lavoro è una delle flessibilità che è possibile rintracciare nei paesi nordici.
RispondiEliminaDi contro la rigidità che troviamo in Italia e nell'area mediterranea, con un elevato tasso di assistenzialismo passivo, è una delle facce del prisma "Macchina Pubblica".
Sono convinto che qualsiasi riforma nel nostro paese, anche la migliore, rischia di avere insiccesso per il semplice fatto che il sistema nel suo complesso è rigido e sclerotizzato.
Dobbiamo assolutamente rivedere il funzionamento dello stato. Il punto è la spesa pubblica: non meno spesa pubblica ma minore e migliore. Iniziando a razionalizzare veramente l'apparato. Io inizio a pensare che intaccare qualche diritto acquisito in riferimento ai lavoratori pubblici è necessario se vogliamo lasciare qualche diritto in eredità alle future generazioni, altrimenti ai nostri figli lasceremo un paese tra le macerie, ma senza piano Marshall.
E te lo dice una persona che ha sempre creduto nell'economia keynesiana.
Sono d'accordo con te, d'altra parte il declassamento dell'Italia è proprio basato sulla rigidità del mercato del lavoro che rallenta la crescita. Sul lavoro pubblico sono d'accordo pienamente con te, serve anche la meritocrazia per le crescita.
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