martedì 25 giugno 2013

Flessibilità buona e flessibilità cattiva #laflessibilitasicura

C’è da aggiungere che, nel dibattito che si è andato ad alimentare, sulla proposta di riforma del mercato del lavoro del Governo presieduto dal Prof. Mario Monti, all’interno della flessibilità esterna, si è andata a sviluppare una nuova differenziazione, di carattere politico-sociale, senza alcuna valenza giuridica, tra la flessibilità “buona”[1] e la flessibilità “cattiva”.  
La precarietà è considerata infatti, l'altra faccia della medaglia di una flessibilità cattiva e mal usata. D'altronde,molti studi ci dimostrano che le imprese che hanno maggiormente utilizzato la flessibilità cattiva sono quelle che in questi ultimi dieci anni sono cresciute meno. L’idea è quindi quella di preservare la flessibilità buona e ostacolare quella che ha portato alla precarietà. 
                Nella flessibilità buona sono stati inseriti, il contratto di apprendistato e il contratto di  somministrazione di lavoro, mentre in quella cattiva, tutto il resto dei contratti atipici, tra cui il lavoro a progetto, le “false partite Iva”, le associazioni in partecipazione e altre forme di collaborazioni autonome fittizie che, impropriamente utilizzate, nascondevano in realtà dei veri e propri contratti di lavoro subordinato.
Questi abusi, purtroppo, hanno da sempre contribuito all’erronea percezione della flessibilità come sinonimo di precarietà.
La “ratio” che sta alla base di questa sottoclassificazione è che, il contratto di apprendistato e quello di somministrazione di lavoro, contribuiscono a trasformare la flessibilità in entrata dei contratti temporanei, in un contratto stabile nel tempo.
Anche le Segreterie Nazionali[2] delle tre Confederazioni sindacali, CGIL, CISL e UIL in un loro documento congiunto di gennaio 2012, chiesero un intervento forte e deciso al Governo, per la semplificazione e la riduzione delle tipologie di lavoro flessibile che confluiscano in forme contrattuali, che siano rivolte verso la stabilizzazione.  
Il lavoro somministrato diventa così, in via generale, “un modello che potrebbe riassorbire molte delle altre tipologie contrattuali atipiche esistenti”, così che il lavoratore somministrato, non debba più sentirsi un “precario” ma possa, a ragione, ritenersi una “risorsa” richiesta dalle aziende che necessitano delle sue qualificate prestazioni lavorative.

Obiettivo di questo libro è quello di parlare della flessibilità “buona e sicura”, portata avanti dalla somministrazione di lavoro, anche alla luce degli ultimi interventi legislativi, introdotti in Italia con il Decreto Legislativo n.24, entrato in vigore il 6 aprile 2012, che ha recepito la Direttiva europea 104/08, relativa al lavoro tramite agenzia, senza in alcun modo dimenticare le novità che riguardano direttamente ed indirettamente l’istituto, introdotte dalla Riforma del Ministro Fornero con la Legge n.92 del  28 giugno del 2012 e dalla Legge di conversione del “Decreto Sviluppo”.









[1] Cosi come coniata dal Ministro del Lavoro del Governo Monti, Prof.ssa Elsa Fornero.
[2] Comunicato delle Segreterie Nazionali CGIL, CISL e UIL del 17 gennaio 2012, con il quale i Sindacati chiedevano “l’apertura di un confronto tra le parti sociali ed il Governo con l’obiettivo di invertire la tendenza recessiva in atto e di realizzare l’obiettivo di far ripartire la crescita”.

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