venerdì 14 giugno 2013

Antenato


Volevo parlare di un mio lontano antenato del secolo scorso, Stefano Zirilli personaggio ai molti sconosciuto (ma non agli abitanti di Milazzo), ma che diede un contributo rilevante all’iniziativa garibaldina culminata con la battaglia di Milazzo.
La battaglia di Milazzo fu combattuta fra il 17 e 24 luglio 1860, nei dintorni e nella città Milazzo, quando i Mille di Giuseppe Garibaldi, unitamente a nuovi combattenti che diedero corpo all'esercito meridionale, affrontarono e sconfissero le forze borboniche.
Le forze impiegate nello scontro ammontavano a circa 10.000 uomini, dei quali oltre 6.000 erano i garibaldini. Lo scontro decisivo si accese alle ore 6,30 del 20 luglio, al centro della piana che offre accesso alla piccola penisola ove sorge la città di Milazzo
Il 21 luglio 1860, in seguito alla convenzione voluta dal ministro della guerra napoletano Pianell, il maresciallo Tommaso de Clary ed il generale Giacomo Medici, firmarono il patto per l'evacuazione delle truppe borboniche dalla Sicilia ed il 25 luglio anche i reparti guidati dai colonnelli Pironti e del Bosco si imbarcarono per Napoli,  lasciando Milazzo in mano garibaldina.
Benché accusata, soprattutto da qualche città vicina, di essere una “città borbonica”, in realtà Milazzo diede al Risorgimento siciliano, sia nei moti del ‘48 che quelli del ‘60, un contributo rilevante per qualità, come forse nessun altro centro delle sue dimensioni.
Durante la rivoluzione del 1848 Stefano Zirilli fu tra le quattro personalità di maggiore spicco del movimento liberale milazzese (insieme a Piraino, Bonaccorsi e Piaggia).
I quattro rivestirono cariche di alta responsabilità nel governo dell’Isola, e nel ’60 li troviamo ancora, in ruoli diversi, impegnati a dare un supporto prezioso all’iniziativa garibaldina.
Stefano Zirilli fu un grande enologo scrisse “L’Agricoltura nel territorio di Milazzo e in Sicilia” nel 1878, nel quale si traccia un ritratto della popolazione di Milazzo e descrive le condizioni e i costumi dei contadini.
Scrisse anche “la Viticultura e l’enologia in Milazzo” nel 1870
Stefano Zirilli è stato anche un grande cultore di memorie patrie.
La sua attività politica fu rivolta in primo luogo a tutelare e promuovere l'economia locale di Milazzo. Memorabili furono le sue battaglie finalizzate per far avvicinare il più possibile al porto di Milazzo il costruendo tracciato ferroviario, proprio per garantire ulteriore sviluppo all'economia milazzese.
Nel 1876 fondò la Biblioteca Comunale di Milazzo, aggiungendo agli antichi volumi provenienti dalle biblioteche dei singoli conventi cittadini quelli che egli stesso – a causa delle carenti risorse del bilancio comunale - richiedeva in omaggio, scomodando persino il Re d’Italia ed Alessandro Manzoni, che con piacere risposero al suo appassionato appello.
Egli stesso sistemava e catalogava con amorevole pazienza i volumi della Biblioteca.
Dedicatosi in tarda età alle ricerche di storia locale, lasciò in eredità all’unico figlio Giuseppe Zirilli Lucifero (1844-1907) una ricchissima biblioteca privata, vaste proprietà ed un’avviatissima azienda agricola, i cui vini da dessert si fecero apprezzare in ogni angolo d’Italia.
Stefano Zirilli fu protagonista indiscusso durante le agitazioni politiche che nel 1848 tentarono di sottrarre la Sicilia al Borbone.
Nel 1842 aveva abbandonato, a trent’anni, una brillante carriera di ufficiale del Genio nell’esercito borbonico. Nel ’48 presiedette il Comitato rivoluzionario milazzese, ottenne la capitolazione del castello, e quindi, chiamato a Palermo, diresse il Ministero della Guerra (rifiutando la carica di ministro che gli era stata offerta), coronando così la sua carriera militare, avviata con gli studi alla Nunziatella di Napoli e culminata poi con la nomina a Generale del Genio, ottenuta in seguito al valido contributo da lui dato in occasione della vittoria garibaldina del 20 luglio 1860.
Ha diretto anche la Scuola militare per allievi ufficiali e la “Rivista di scienze militari”
Arrestato dopo la vittoriosa reazione borbonica, imprigionato e quindi sottoposto a domicilio coatto, quasi un decennio dopo si vide offrire dal governo borbonico -che cercava di coinvolgere anche tecnici di idee liberali- l’alto incarico di Direttore generale dei Lavori pubblici del Regno, ma rifiutò.
Nel ’60 rinunciò alla carica di direttore del Ministero della Guerra offertagli da Garibaldi, per contribuire, collaborando con Giacomo Medici, alla preparazione della vittoria del 20 Luglio.
Dopo l’Unità di Italia fu eletto più volte presidente della Provincia. 

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