La scoperta è recente e ancora non
si sa se si tratta di un caso isolato o di una produzione industriale. Ma c’era
da aspettarselo, anzi, forse nemmeno finisce qui.
Il pangasio costa un quarto del
merluzzo, pare che contenga mercurio, ha un sapore simile (ma diversa
consistenza). Ma non è colpa sua se finisce nel fish&chips.
Il primo problema che questa
notizia, ma in generale tutte le notizie in cui si usa un ingrediente che non è
quello dichiarato, è che l’ignaro consumatore non sa quello che mangia. La
truffa può diventare frode ed ha certamente implicazioni sulla salute della
collettività; non solo, ma se mi vendi per merluzzo il pangasio, cioè un
alimento inferiore, non mi puoi chiedere lo stesso prezzo del merluzzo. Devi
chiedere di meno.
Ci sono poi risvolti etici; come
viene pescato questo pesce? L’ambiente viene rispettato? Quale autorità ha
vigilato? E, ancora, come vengono retribuiti i pescatori cinesi e vietnamiti?
Per non parlare del lungo viaggio, con conseguente emissione di tonnellate e
tonnellate di co2, che il pangasio lascia dietro di se’.
Il mercato del pesce più importante
del mondo, dove recentemente la polizia ha scoperto questa ed altre frodi
alimentari non è sul mare. E’ l’aeroporto di Francoforte. Quindi, se tutto va
bene, il povero pangasio giungerà al consumatore europeo dopo 2-3 giorni dalla
sua morte.
Perché avviene questo fenomeno?
Perché ci sono aziende disoneste e perché, ancora una volta, l’Europa non è
stata capace di difendersi. La politica comune della pesca ha imposto divieti
(il divieto della pesca del tonno, il contingentamento della pesca del
merluzzo), agito sui prezzi (l’aliquota unica sul gasolio per i pescherecci),
sulle regole (il divieto dello strascico, il divieto di pesca dei datteri di
mare) ma contemperare i vari interessi non è bastato a dotarsi di una normativa
positiva e propositiva. Ci sono solo divieti.
Il risultato è stato spingere i
pescherecci comunitari lontano dal Mediterraneo e dal mare del nord, verso
l’Atlantico, dove non riescono a reggere la concorrenza dei potenti giapponesi.
Per di più la solita lobby di multinazionali e paesi del nord ha impedito che si
arrivasse all’etichettatura obbligatoria del pesce. La crisi economica,
l’aumento del gasolio, la caduta del mark up delle imprese ittiche ha fatto il
resto. Ed ecco che si arriva al pangasio. Ci sono sicuramente persone poco
oneste in giro, ma se vogliamo salvare il comparto marittimo, una bella fetta di
dieta mediterranea, la salute pubblica, l’ambiente, dobbiamo subito andare in
Europa a difendere (anche) le nostre posizioni. E per farlo serve un governo,
una credibilità ed una coesione nazionale che al momento appaiono lontane.
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