lunedì 4 febbraio 2013

Cosa prevede la Lista Monti in tema di lavoro. Fonte pietroichino.it

Da oggi è per i prossimi tre giorni, riporto cosa prevedono i principali partiti in campo, in tema di lavoro. Oggi inizio con la Lista Monti, domani il Pd, mercoledì il Pdl ed infine giovedì Rivoluzione civile, Fermare il declino ed il movimento di Grillo. Ho analizzato come fonte i siti dei partiti. Buona lettura.

Riprendo dal sito del prof. Ichino, il programma della lista Monti sul lavoro, presentato a Milano il 2 febbraio.
"Una soluzione ragionevole su cui lavorare è quella di sperimentare una rimodulazione del contratto a tempo indeterminato, tesa a renderlo più flessibile e meno “costoso”. Per questo occorre far leva su di una incisiva riduzione del cuneo fiscale e contributivo collegata ad alcune guidelines per la contrattazione collettiva aziendale, tendenti al superamento dell’attuale dualismo del mercato del lavoro e, al tempo stesso, a dare risposte adeguate alle esigenze di flessibilità delle imprese e dei processi produttivi.
In questa prospettiva, a fronte di un’assunzione a tempo indeterminato, diventerà possibile assicurare maggiori tutele sostanziali, anche sul piano della continuità del lavoro, del reddito e della relativa contribuzione pensionistica, a tanti giovani che oggi ne sono del tutto privi, senza rilevanti aumenti di costo o di rigidità per le imprese.
Attraverso l’introduzione di strumenti propri di un sistema che coniughi flessibilità delle strutture produttive e politiche attive per la sicurezza economica e professionale dei lavoratori (flexsecurity), si realizzeranno esperienze e buone pratiche di promozione del lavoro, ben oltre la salvaguardia del posto. In particolare, il progetto mirerà, attivando gli incentivi giusti per imprese e lavoratori, anche alla riorganizzazione e irrobustimento dei servizi all’impiego pubblici e privati, e soprattutto dell’assistenza intensiva nella ricerca della nuova occupazione (outplacement), con l’obiettivo di una drastica riduzione dei periodi di disoccupazione. In sostanza, non si propone una revisione della nuova disciplina dei licenziamenti individuali introdotta dalla legge n. 92/2012, ma la possibilità di sperimentare soluzioni più flessibili, in particolare per la regolarizzazione delle collaborazioni continuative autonome irregolari. Questa appare oggi una scelta utile e facilmente praticabile con modifiche legislative minime, dal momento che le parti sociali già possono avvalersi di quanto è loro consentito dall’articolo 8 del decreto legge n. 138 del 2011, anche per quanto riguarda gli effetti del recesso dal rapporto di lavoro. Si tratta di una norma-chiave che indica una serie di materie derogabili, attraverso la contrattazione collettiva decentrata, ma la cui utilizzazione va opportunamente orientata e sostenuta medianteguidelines tracciate al livello nazionale. La norma stessa indica gli obiettivi che in questo modo possono e devono essere perseguiti: la maggiore occupazione, la qualità dei contratti di lavoro, l’adozione di forme di partecipazione dei lavoratori, l’emersione del lavoro irregolare, gli incrementi di competitività e di salario, la gestione delle crisi aziendali e occupazionali, gli investimenti e  l’avvio di nuove attività.  Le intese possono prevedere deroghe alle norme di fonte pubblica o contrattuale, fermo restando il rispetto della Costituzione e dei vincoli derivanti dalle normative comunitarie e dalle convenzioni internazionali sul lavoro. Ricordiamo in proposito che la contrattazione in deroga – che in Italia significa restituire alla contrattazione collettiva il ruolo che nell’ultimo mezzo secolo le è stato tolto da una legislazione statuale troppo intrusiva – è diffusa nei principali Paesi europei e ha consentito in molti casi, per esempio in Germania, di rafforzare le relazioni industriali e di farne un elemento determinante per la ripresa economica.
L’obiettivo di valorizzare, come rapporto di lavoro prevalente, il contratto a tempo indeterminato rimodulato su maggiore flessibilità, mobilità e occupabilità, diverge dalla proposta del “contratto unico” , poiché non riduce tutti i possibili tipi di contratto di lavoro a uno solo: il nostro tessuto produttivo non può certo fare a meno dell’apprendistato, dei contratti a termine, o delle vecchie e nuove forme di collaborazione autonoma continuativa. Purché, però, queste non vengano utilizzate per nascondere la sostanziale elusione della disciplina del rapporto di lavoro subordinato.
Superando le resistenze ideologiche di un passato recente, lo staff leasing e il rapporto di fornitura di lavoro temporaneo hanno acquisito sempre più le caratteristiche della flessibilità buona, soprattutto quando il personale, adeguatamente e correntemente impegnato in programmi di formazione, viene assunto a tempo indeterminato dalle Agenzie specializzate in questa attività di servizio al mercato del lavoro.Tuttavia, quanto più sarà reso meno oneroso e più flessibile il lavoro a tempo indeterminato tanto più sarà possibile contrastare le forme non autentiche di lavoro autonomo.
La flessibilità del lavoro e le norme che la regolano, sono nate e vivono per rispondere alla realtà di un mercato e di un tessuto imprenditoriale che ha bisogno di risposte non forzatamente uniformi per affrontare differenti fasi della sua crescita, come pure differenti fasi dell’economia e del processo produttivo".
Fonte http://www.pietroichino.it/?p=25324

1 commento:

  1. Finalmente qualcuno che dà dignità alle Apl e le mette nel proprio programma.
    E' altresì interessante l'editoriale di oggi del prof. Ichino che ti copia integralmente qui sotto.
    PUR DI NON CAMBIARE UNA VIRGOLA DEL NOSTRO VECCHIO DIRITTO DEL LAVORO IL PD RINUNCIA A COMBATTERE EFFICACEMENTE IL DUALISMO FRA LAVORATORI PROTETTI E NON PROTETTI
    Editoriale telegrafico per la Nwsl n. 235, 4 febbraio 2013.

    Due settimane fa mi chiedevo se fosse vero che – come riportava la Repubblica - il Pd propone sostanzialmente di tornare indietro rispetto alle norme della legge Fornero mirate a contrastare gli abusi delle collaborazioni autonome continuative che nascondono rapporti di lavoro sostanzialmente dipendente. La notizia – lo constato con vero dispiacere - era fondata: in un volantino diffuso in questi giorni dalla Direzione nazionale del Pd si legge la proposta di “Eliminare gli automatismi in vigore per la conversione dei rapporti di collaborazione a committenza prevalente”. La stessa cosa, sostanzialmente, propone il PdL, il quale la legge Fornero intende abrogarla per intero. Da destra e da sinistra, dunque, pieno accordo sul lasciare, almeno per questo aspetto, le cose come stanno. A sinistra replicano: “vogliamo solo eliminare l’automatismo; ciascun interessato, se vuole, può fare causa al proprio datore di lavoro”; ma tutti sappiamo che la causa al datore di lavoro sono pochissimi a volerla fare. Se vogliamo superare il dualismo fra protetti e non protetti, nel tessuto produttivo, dobbiamo delineare un modello di contratto a tempo di lavoro a tempo indeterminato meno costoso e più flessibile, capace di assorbire queste centinaia di migliaia di posizioni senza shock di costi e rigidità per le imprese interessate. È quello che la contrattazione collettiva ha già incominciato a fare; ed è quello che proponiamo di sperimentare e incentivare su scala più larga con il documento sulla politica del lavoro e del welfare presentato sabato da Mario Monti in una conferenza stampa a Milano. Il problema è che il Pd oggi è disposto anche a lasciar sopravvivere l’apartheid fra protetti e non protetti, pur di non cambiare una virgola del nostro vecchio diritto del lavoro.

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