martedì 29 gennaio 2013

Noi, l'America e Lincoln di Andrea Martire


Lincoln è un film che parla di America, di politica, di diritti civili e di noi. E’ quello che una volta avremmo definito un kolossal, 150 minuti di film, migliaia di comparse, scenografie bellissime e (si presume) molto costose ed affronta argomenti spinosi; non necessariamente controversi ma che dividono, che lacerano le coscienze.
L’ambientazione è realistica, il protagonista è incredibilmente egregio (da ex grege, spicca di almeno due spanne su tutti); ma ciò non sorprende, lo abbiamo apprezzato quando vestiva i panni di Gerry Conlon, malcapitato operaio scambiato per terrorista dell’Ira, quando era l’Ultimo dei mohicani o ancora nel momento della metemsomatosi con il cercatore di petrolio. Un uomo per i ruoli forti.
Lincoln ci parla da vicino e ci parla da lontano, ci racconta come si fa a sconfiggere i conservatori che come parassiti vivono togliendo dignità agli altri essere umani (“i negri”) e ci catapulta subito ai nostri tempi, noi che non siamo neanche capaci di riconoscere i diritti elementari degli omosessuali, quasi non esistessero, quasi non avessero diritto ad avere diritti.
Lincoln ci parla di quei figli del Midwest che l’America non ha voluto, Martin Luther King su tutti ma anche Malcom X (anche se così invadiamo il campo della religione), Nina Simone, Ray Charles, curiosamente tutti “negri”. Lincoln ci parla dei Kennedy, famiglia di contrabbandieri sì, ma illuminati; così illuminati da produrre due fratelli che avevano la stessa amante. Spielberg ci parla di libertà e di dignità, come aveva fatto in Schindler’s list.
Quando Scilipoti era ancora di là da venire, un’idea aristotelica, Lincoln spendeva qualche piccola bugia per prendere tempo e trattenere gi emissari del sud, prometteva cariche pubbliche ai democratici (ebbene sì, Lincoln era repubblicano) in attesa che venisse approvato il XIII emendamento alla Costituzione. Perché avrebbe sancito, al di là della vittoria militare, il principio per cui erano morti in seicentomila: gli uomini sono tutti uguali.
Negoziatore, persuasivo, tendenzialmente corruttore, il presidente più amato del XIX secolo, il rivoluzionario più famoso dell’800 assieme a Napoleone e Garibaldi, mette in pratica il vecchio brocardo del più noto libro di lettura in italiano nel mondo, il Principe (di cui oggi ricorre il cinquecentesimo anniversario). Quando la dottrina politica assolve ad un fine superiore, il fine giustifica i mezzi. Solo un presidente, ma che ha operato in circostanze molto particolari, è stato così popolare, Franklin Delano Roosvelt. Gli bastò vincere la seconda guerra mondiale…
E così, 4 milioni di “negri” vennero liberati, vennero resi uomini non da Dio ma dai loro simili. Centoquarantatre anni dopo gli americani hanno eletto un “negro” (o uno abbronzato, come direbbe l’ultimo, qualificato, revisionista del fascismo). E’ stato un percorso fatto di immigrati, rifugiati, stragi, vergogne. E’ stato un percorso di civiltà. Questo fa il film, insegna la civiltà. Ne abbiamo tutti bisogno.

Nessun commento:

Posta un commento