A questo punto, una possibile interpretazione sistematica delle norme
della Riforma, così come integrate dal Decreto Sviluppo, potrebbe essere la
seguente:
·
i periodi legali di interruzione tra un contratto di lavoro
a tempo determinato ed uno successivo, sono fissati in sessanta oppure in
novanta giorni (a seconda della durata del contratto precedente);
·
i contratti collettivi nazionali di lavoro, e i contratti
collettivi di secondo livello, ma solo se da questi espressamente delegati,
possono ridurre tali periodi, stabilendone di nuovi e diversi, ma entro il range di riduzione previsto dalla norma
(rispettivamente fino a venti oppure fino a trenta giorni);
·
se, decorsi dodici mesi dall’entrata in vigore della
Riforma, non interviene la contrattazione collettiva, in via supplettiva, può
intervenire il Ministero del Lavoro individuando le condizioni di riduzione;
·
tali periodi ridotti, solo se e quando definiti, si
applicano:
-
alle ipotesi di legge previste dalla Riforma (nell’ambito di
un processo organizzativo determinato dai casi particolari sopra richiamati);
-
alle attività stagionali e ad ogni altro caso previsto dai
contratti collettivi di ogni livello, come previsto dal Decreto Sviluppo.
In altri parole, la novità introdotta dal Decreto Sviluppo, lungi dal
prevedere nuove facoltà di riduzione dei periodi di interruzione, amplia
unicamente i casi di applicabilità dei periodi eventualmente ridotti dai
contratti collettivi nazionali (in via diretta o in via delegata). Non più,
quindi, solo le ipotesi tassativamente elencate dalla Riforma, ma anche le
attività stagionali e ogni altro caso che i contratti collettivi, di ogni
livello, vorranno prevedere. Ma senza il necessario intervento dei contratti collettivi
nazionali (ed eventualmente, ma solo dal 18 luglio 2013 , del Ministero del Lavoro) non
è possibile e non è operante alcuna riduzione dei periodi di interruzione,
neppure per le attività stagionali.
Questa ricostruzione, purtroppo, perde però di significato – e vengo, così, al terzo dubbio interpretativo
cui facevo riferimento prima – avendo riferimento esclusivamente alla lettera
della norma.
La disposizione introdotta dal Decreto Sviluppo, infatti, dispone che “i termini ridotti di cui al primo periodo”
trovano applicazione anche nelle due ipotesi di cui si è detto. Ma al “primo periodo” dell’art. 5, comma 3, del
Decreto Legislativo n. 368 del 2001, richiamato dalla norma, sono elencati i
termini ordinari (sessanta e novanta giorni) e non i termini ridotti che,
invece, sono riportati al secondo periodo. Questa incongruenza, letteralmente,
renderebbe pertanto inapplicabili ed inutilizzabili, di fatto, le novità
introdotte dal Decreto Sviluppo in tema di successione di contratti di lavoro a
tempo determinato.
Per completezza riporto di seguito il testo completo dell’art. 5, comma
3, del Decreto Legislativo n. 368 del 2001, così come modificato dalla Riforma
e dal Decreto Sviluppo:
Qualora il
lavoratore venga riassunto a termine, ai sensi dell'articolo 1, entro un
periodo di sessanta giorni dalla data di scadenza di un contratto di durata
fino a sei mesi, ovvero novanta giorni dalla data di scadenza di un contratto
di durata superiore ai sei mesi, il secondo contratto si considera a tempo
indeterminato. I contratti collettivi di cui all’articolo 1, comma l-bis,
possono prevedere, stabilendone le condizioni, la riduzione dei predetti
periodi, rispettivamente, fino a venti giorni e trenta giorni nei casi in cui
l’assunzione a termine avvenga nell’ambito di un processo organizzativo
determinato: dall’avvio di una nuova attività; dal lancio di un prodotto o di
un servizio innovativo; dall’implementazione di un rilevante cambiamento
tecnologico; dalla fase supplementare di un significativo progetto di ricerca e
sviluppo; dal rinnovo o dalla proroga di una commessa consistente. In mancanza
di un intervento della contrattazione collettiva, ai sensi del precedente
periodo, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, decorsi dodici mesi
dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, sentite le
organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente
più rappresentative sul piano nazionale, provvede a individuare le specifiche condizioni
in cui, ai sensi del periodo precedente, operano le riduzioni ivi previste. I termini ridotti di cui al primo periodo
trovano applicazione per le attività di cui al comma 4-ter e in ogni altro caso
previsto dai contratti collettivi stipulati ad ogni livello dalle
organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano
nazionale.
Fin qui la Legge, la Riforma e il Decreto Sviluppo.
Ma altre novità sembrerebbero essere all’orizzonte. Il Ministro del
Lavoro, Elsa Fornero, in una intervista a Il Sole 24 Ore del 16 ottobre 2012 ha ,
infatti, dichiarato: “Sui contratti a
termine posso annunciare che stiamo pensando a una misura di adattamento sugli
intervalli di attesa imposti tra un rinnovo e l’altro con l’obiettivo di
ridurli il più possibile. Stiamo già lavorando a un decreto interministeriale
da scrivere sulla base delle proposte finali che stiamo aspettando dalle parti
sociali. L’ipotesi è di ridurre a un mese al massimo il termine di sospensione
tra un rinnovo e l’altro. Gli uffici legislativi sono al lavoro per mettere a
punto un allentamento responsabile della norma attuale”.
Ma, parafrasando Lucio Battisti, ...come può un Decreto
Interministeriale arginare il mare? Cioè, fuori dalla parafrasi, come può un
atto amministrativo modificare una norma di Legge? A meno che il Ministro si
stesse riferendo alla possibilità di intervento, sentite le parti sociali,
prevista espressamente dalla Riforma. Ma la norma lo prevede, come riportato
sopra, solo “in mancanza di un intervento
della contrattazione collettiva […], decorsi dodici mesi dalla data di entrata
in vigore della presente disposizione”, cioè dal 18 luglio 2013 .
Chi vivrà, vedrà.
Andrea Morzenti
twitter@AMorzenti
Scusi ma la legge non parlava di 36 mesi ctd più std? Leggevo sul sole di un interpello. Un'altra cosa ma se io assumo un somministrato in ctd e lo riassumo io diretto con ctd che succede? Grazie claudia
RispondiEliminaIl Ministero del Lavoro, con risposta ad Interpello n. 32/2012 del 19 ottobre, conferma quanto sostenuto in precedenza con la Circolare n. 18/2012.
RispondiEliminaE, cioè, che “un datore di lavoro, una volta esaurito il periodo massimo di trentasei mesi, può impiegare il medesimo lavoratore ricorrendo alla somministrazione di lavoro a tempo determinato”.
Saluti,
Andrea Morzenti
twitter@AMorzenti
per i contratti che prevedono gia' un periodo di utilizzo massimo in caso di successione tra contratto a termine e somministrazione a tempo determinato è primario il ccnl o la lg 92? paolo
RispondiEliminaLa Riforma, sul punto, non modifica la norma che fa salve "diverse disposizioni di contratti collettivi stipulati a livello nazionale, territoriale o aziendale
Eliminacon le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale" (possibilità, questa, introdotta dal DL n. 112/2008).
Pertanto, con riferimento con al "computo del periodo massimo", restano primarie le disposizioni eventualmente previste dalla contrattazione collettiva (non necessariamente nazionale).
Saluti.
Andrea Morzneti
twitter@AMorzenti
Avv.Morzenti cosa dice il documento di oggi? Claudio
RispondiEliminaa mio parere, nulla.
Eliminauna circolare che riporta solo le norme e che definisce errore materiale l'errato riferimento al "primo periodo" al posto del "secondo periodo".
saluti,
Andrea Morzenti
twitter@AMorzenti
Gent.mo Avv. Morzenti
RispondiEliminain azienda ho diversi ctd in scadenza, e vorrei utilizzare le medesime risorse utilizzando std.
non ho possibilità di aspettare 60 giorni, ne ho necessità ad inizio d'anno.
quali rischi corro in tale ipotesi, e da chi potrebbe essere sollevato il contenzioso?
ed ancora, gentilmente: posso usufruire delle risorse, nel proseguio e solo con std, con interruzioni tra un contratto e l'altro di massimo 7-10 giorni?
Attualmente non esiste una normativa che specificamente disciplini tale fattispecie.
EliminaAtteggiamenti fraudolenti in questo contesto, diretti cioè ad eludere (aggirare) norme di Legge, potrebbero però essere oggetto di contestazione e configurare la somministrazione come fraudolenta.
Ci si riferisce, ad esempio, ad un contratto di somministrazione immediatamente successivo ad un contratto di lavoro a tempo determinato (o, anche, ad un contratto di somministrazione) non più prorogabile. Contratto che potrebbe essere contestato per essere stato stipulato unicamente per eludere le norme in tema di durata massima o prorogabilità delle due tipologie di contratto, o di successione di contratti di lavoro a tempo determinato (norme che prevedono l’obbligo di rispettare tra un contratto ed un altro un’interruzione di almeno 60 o 90 giorni a seconda della durata del contratto precedente, rispettivamente pari o superiore ai 6 mesi).
Decidere di rispettare tali termini come scelta organizzativa e prudenziale rispetto ad un contesto in cui le norme non danno regole, è prerogativa che compete all’Utilizzatore e precostituisce un presupposto di forte difendibilità di fronte ad una contestazione che si incentri sull’avvenuta reiterazione dei periodi di assegnazione.
Pare altresì opportuno da ultimo rilevare che - secondo la ricostruzione operata dalla dottrina, ma di fatto non rispecchiata da analoga giurisprudenza consolidata - l’obbligo di interruzione potrebbe essere superato qualora i due contratti in successione presentino sostanziali ed effettive diversità: qualora, in pratica, tra i contratti considerati non sussista un rapporto di identità giuridica, riscontrabile in presenza, oltre che di identità tra i soggetti coinvolti, anche di identità di causale o di mansioni svolte dal lavoratore.
Detto in altri termini: tra due contratti caratterizzati da causali effettivamente e indiscutibilmente diverse, ancor più se per lo svolgimento di attività effettivamente differenti, la soluzione di non rispettare interruzioni potrebbe essere difesa, in caso di contestazione, sulla base della diversa “identità giuridica” degli stessi.
Saluti,
Andrea Morzenti
twitter@AMorzenti