martedì 13 novembre 2012

La successione dei contratti di lavoro a tempo determinato, alla luce della Riforma Fornero - terza parte- di Andrea Morzenti

Dicevo. Chi vivrà, vedrà.
Ed, infatti. Dopo la Legge, dopo la Riforma, dopo il Decreto Sviluppo, ora la Circolare.
Con Circolare n. 27 del 7 novembre 2012, il Ministro del Lavoro interviene sul tema degli intervalli temporali del contratto a tempo determinato. Ne riporto, di seguito, i passaggi principali.
 
1. Premesso che la citata disposizione richiama esplicitamente i "termini ridotti" di 20 e 30 giorni e tale richiamo non appare comunque messo in dubbio dalla circostanza secondo cui gli stessi termini sono collocati al secondo periodo della disposizione e non al "primo periodo" come letteralmente risultante dalla formulazione normativa. 
2. In primo luogo gli accordi di livello interconfederale o di categoria - ovvero, in via delegata, a livello decentrato - possono ridurre la durata degli intervalli per esigenze riconducibili a ragioni organizzative qualificate, legate all'avvio di una nuova attività, al lancio di un prodotto o di un servizio innovativo, … In tali ipotesi, pertanto, la contrattazione collettiva è "sollecitata" a regolamentare tali fattispecie proprio in ragione di una possibile iniziativa di carattere sostitutivo di questo Ministero che, sempre sulla base delle citate ragioni organizzative qualificate, può agire in via amministrativa con apposito decreto per puntualizzare la casistica di cui sopra. (Riforma). 
3. Sotto altro profilo il riferimento ad "ogni altro caso previsto di contratti collettivi" di qualsiasi livello, rende comunque valida ogni altra ipotesi di riduzione degli intervalli da parte della contrattazione nazionale, territoriale o aziendale, anche in ipotesi diverse e ulteriori rispetto a quelle legate ai processi organizzativi sopra considerati, senza che in tal caso sia però previsto un ruolo sostitutivo del Ministero. (Decreto Sviluppo).

Alcuni brevi osservazioni. Il Ministero del Lavoro: 
-          qualifica come errore materiale, senza quindi particolari conseguenze applicative, l'errato riferimento che il  testo di legge fa al "primo periodo" al posto del corretto "secondo periodo". Era il mio terzo dubbio interpretativo. Ok, superato. Bene comunque che sia stato richiamato. 
 -          precisa che il proprio intervento supplettivo (che ricordo, anche se la Circolare non lo precisa, non potrà avvenire prima del 18 luglio 2013) è previsto solo per meglio chiarire le "ragioni organizzative qualificate" che la Riforma elenca quali possibili destinatarie dei termini ridotti. 
 -          riporta la novità del Decreto Sviluppo con una rilevante apertura alla contrattazione nazionale, territoriale o aziendale che potrà individuare ipotesi aggiuntive e diverse rispetto a quelle legate alle "ragioni organizzative qualificate", richiamate dalla Riforma. In tal caso non è previsto alcun intervento supplettivo dello stesso Ministero. 

Sul ruolo che il Ministero del Lavoro assegna alla contrattazione collettiva non aggiungo altro a quanto già scritto in precedenza (vedi parte seconda di questo scritto). La mia lettura della norme è, infatti, differente.
Ciò che vorrei però sottolineare sono, invece, le precisazioni che il Ministero fa con riferimento al proprio intervento supplettivo. Intervento non incondizionato; ma previsto dalle norme solo al fine di meglio puntualizzare le "ragioni organizzative qualificate" (nel caso in cui se le parti sociali non dovessero intervenire autonomamente, entro di 12 mesi).
E, comunque, non attivabile e non necessario in tutti gli altri casi di riduzione dei termini che la contrattazione collettiva di ogni livello vorrà individuare.
In altri termini sembra che il Ministero dica alle parti sociali: "forza, che potete ridurre gli intervalli temporali i) fin dal 12 agosto scorso, ii) ad ogni livello, anche aziendale e iii) per qualunque ipotesi. Il Ministero, ora, non può e non deve fare alcunché". Una sorta di smentita a quanto il Ministro Fornero disse a Il Sole 24 Ore nell'intervista del 16 ottobre 2012? 

Andrea Morzenti
twitter@AMorzenti

12 commenti:

  1. Quindi per capire. La legge prevede dei termini che con accordo anche aziendale posso ridurre?

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    1. Secondo il Ministero del Lavoro, sì.
      Il Ministero, con la circolare n. 27/2012, fornisce tale interpretazione a seguito delle modifiche apportate dal Decreto Sviluppo.

      Saluti,
      Andrea Morzenti
      twitter@AMorzenti

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  2. Cita un'intervista del 16 ottobre al Ministro...a che cosa si riferisce? Quella della modifica con decreto?

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    1. Esatto. La trova riportata nella seconda parte di questo scritto.

      Saluti,
      Andrea Morzenti
      twitter@AMorzenti

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  3. Non resisto a commentare il fatto che la norma, come scritta, in realtà è a dir poco illogica. Non si tratta di applicare sofisticate analisi giuridiche ma di cercare un senso squisitamente logico al testo della norma così com'è.
    Voglio dire, prima si dice che i termini appena ampliati dalla Riforma possono essere ridotti solo dalla contrattazione nazionale o interconfederale e solo in determinate ipotesi; poi si dice che i termini ridotti si applicheranno anche in ogni caso in cui i contratti collettivi di ogni livello lo decideranno. Quindi:
    1. i contratti collettivi nazionali e interconfederali non sono vincolati a ridurre nelle ipotesi della prima parte della norma (possono farlo "in ogni caso")
    2. i contratti di secondo livello possono intervenire non solo indipendentemente da una delega del livello superiore, ma anche "in ogni caso", fuori quindi dalle ipotesi della prima parte della norma.
    Quindi mi chiedo: a cosa serve la prima parte della norma? Forse solo a limitare i casi in cui il Ministero potrà intervenire? Con che logica però?
    Rinuncio...

    Saluti,
    Mauro Soldera

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    1. Il mio pensiero.
      Due fasi, separate e distinte:
      1. riduzione dei periodi di interruzione: a chi spetta? ai ccnl (in via diretta o in via delegata al secondo livello) o, in via supplettiva, decorsi 12 mesi, al Ministero.
      2. individuazione dei casi di operatività dei termini ridotti: a chi spetta? alla legge (processi organizzativi qualificati e attività stagionali) e ai contratti collettivi di ogni livello.

      Così, forse, troviamo una logica. Forse.
      Il Legislatore, a volte, legifera di notte (cit.).

      Saluti,
      Andrea Morzenti
      twitter@AMorzenti

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  4. Apprezzo ogni sforzo, ma non può essere che le norme richiedano il lancio dei dati per riportarle nel mondo del senso logico!
    Mauro Soldera

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  5. Avete ragione ora aspettiamo il decreto interministeriale :) che per magia sistemerai tutto

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  6. Avv. Morzenti ma secondo lei perchè non si è voluto intervenire sulla std per lo stop & go?

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    1. Una norma su questa tematica non c'è mai stata. Fin dalla Legge n. 196/1997 (lavoro temporaneo).
      Non ho una idea sul perchè, anche nel 2012, non si sia voluti intervenire. Mi spiace.
      Lei ha fatto qualche valutazione e/o riflessione a riguardo?

      Grazie.
      Saluti,
      Andrea Morzenti
      twitter@AMorzenti

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  7. Nessuna valutazione, ma penso che se il legislatore avesse voluto avrebbe potuto farlo, quindi non averlo fatto e' un chiaro segnale di maggiore flessibilita'che si vuole dare alla somministrazione?che ne pensa? non sono avvocato e il mio lavoro e' gestire ru

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    1. Non posso che riportarle la risposta già fornita ad un altro commento sulla prima parte di questo scritto.
      La riporto di seguito.

      Saluti.
      Andrea Morzenti
      twitter@AMorzenti

      _________________________

      Attualmente non esiste una normativa che specificamente disciplini la reiterazione delle assegnazioni a scopo di somministrazione tra i medesimi soggetti coinvolti (in particolare lavoratore ed impresa utilizzatrice).
      Atteggiamenti fraudolenti in questo contesto, diretti cioè ad eludere (aggirare) norme di Legge, potrebbero però essere oggetto di contestazione e configurare la somministrazione come fraudolenta.
      Ci si riferisce, ad esempio, ad un contratto di somministrazione immediatamente successivo ad un contratto di lavoro a tempo determinato (o, anche, ad un contratto di somministrazione) non più prorogabile. Contratto che potrebbe essere contestato per essere stato stipulato unicamente per eludere le norme in tema di durata massima o prorogabilità delle due tipologie di contratto, o di successione di contratti di lavoro a tempo determinato (norme che prevedono l’obbligo di rispettare tra un contratto ed un altro un’interruzione di almeno 60 o 90 giorni a seconda della durata del contratto precedente, rispettivamente pari o superiore ai 6 mesi).
      Decidere di rispettare tali termini come scelta organizzativa e prudenziale rispetto ad un contesto in cui le norme non danno regole, è prerogativa che compete all’Utilizzatore e precostituisce un presupposto di forte difendibilità di fronte ad una contestazione che si incentri sull’avvenuta reiterazione dei periodi di assegnazione.
      Pare altresì opportuno da ultimo rilevare che - secondo la ricostruzione operata dalla dottrina, ma di fatto non rispecchiata da analoga giurisprudenza consolidata - l’obbligo di interruzione potrebbe essere superato qualora i due contratti in successione presentino sostanziali ed effettive diversità: qualora, in pratica, tra i contratti considerati non sussista un rapporto di identità giuridica, riscontrabile in presenza, oltre che di identità tra i soggetti coinvolti, anche di identità di causale o di mansioni svolte dal lavoratore.
      Detto in altri termini: tra due contratti caratterizzati da causali effettivamente e indiscutibilmente diverse, ancor più se per lo svolgimento di attività effettivamente differenti, la soluzione di non rispettare interruzioni potrebbe essere difesa, in caso di contestazione, sulla base della diversa “identità giuridica” degli stessi.

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