Vedendo quanto successo ieri, il mio
neurone impazzito non poteva che ritornare a pensare al film di M. Kassovitz,
“L’odio”.
Per chi non lo avesse mai visto, è un
film capolavoro del 1995, ambientato in Francia.
Tutto parte dalla notizia che Abdel,
un giovane di 16 anni, versa in fin di vita, dopo essere stato picchiato da un
poliziotto durante un interrogatorio. La notizia risuona nella periferia e
arriva a tre giovani accecati dall'odio per il sistema, tre amici inseparabili,
Saïd, Huber e Vinz, che vivranno la giornata più importante della loro
vita.
Un film folgorante che entra nel
cuore, con dialoghi forti, dal ritmo teso, che non lascia un attimo di respiro,
girato in uno spettacolare bianco e nero.
Il titolo è l’odio e il protagonista
non è altro che l’odio. Un odio cieco che chiama odio: una vita vissuta al
limite e immersa nella violenza. Una vita che la voce narrante accosta ad un
uomo che si butta da un palazzo di 50 piani. Ad ogni piano diceva: “fin qui
tutto bene, fin qui tutto bene”. Ma il problema non è la caduta ma
l’atterraggio. Cadendo non ti fai ancora del male. Bisogna prendere in
considerazione allora l'atterraggio, è come si atterra che determina tutto.
Quello a cui stiamo assistendo in
questi mesi tra Parigi, Bruxelles, Instabul e ieri Nizza sembra una nuova
versione del capolavoro di Kassovitz, ma purtroppo non è un film.
“Vent'anni
fa L'Odio raccontava la vita delle banlieue francesi e dei casseurs, i teppisti
delle periferie urbane francesi cresciuti tra rapine, spaccio e un'insanabile
avversione per il resto del mondo. Oggi figli e successori di quei casseurs
sono il vivaio in cui le cellule europee dello Stato Islamico attingono per
reclutare militanti e finanziarsi attraverso scippi, rapine e spaccio di
narcotici. La prima evidenza di una sovrapposizione tra piccola
criminalità e terrorismo emerge sin dalle prime indagini sulla stragi di Parigi”,
recitava il Giornale in un articolo di Dicembre. E quindi quel film aveva
capito tutto ben 21 anni fa.
Allora occorre tenere i nervi
saldi, vigilare e isolare i predicatori del disprezzo. Se vogliamo un mondo
migliore e una società più giusta, abbiamo solo bisogno di rompere il circolo dell’odio
e della violenza.
Dobbiamo reagire ma la reazione non
deve essere l’odio. Farci diventare dei barbari come e peggio di loro,
questo è il loro obiettivo. Questo sarà il loro successo.
E per reagire abbiamo bisogno che
l’Islam mostri la sua vera faccia, quella colta e sensibile, quella profonda e
moderata, non quella della jihad. Serve un Islam che condanni in piazza queste barbarie e
agisca per isolare questi criminali.
La prima risposta è del Centro Islamico di Roma per mano del Suo Segretario Generale Redouane che oggi ha condannato in maniera ferma e decisa il massacro di Nizza: "E'un atto ignobile e abietto che nessuna religione o morale può giustificare".
Vedendo quanto successo ieri, il mio
neurone impazzito non poteva che ritornare a pensare al film di M. Kassovitz,
“L’odio”.
Per chi non lo avesse mai visto, è un
film capolavoro del 1995, ambientato in Francia.
Tutto parte dalla notizia che Abdel,
un giovane di 16 anni, versa in fin di vita, dopo essere stato picchiato da un
poliziotto durante un interrogatorio. La notizia risuona nella periferia e
arriva a tre giovani accecati dall'odio per il sistema, tre amici inseparabili,
Saïd, Huber e Vinz, che vivranno la giornata più importante della loro
vita.
Un film folgorante che entra nel
cuore, con dialoghi forti, dal ritmo teso, che non lascia un attimo di respiro,
girato in uno spettacolare bianco e nero.
Il titolo è l’odio e il protagonista
non è altro che l’odio. Un odio cieco che chiama odio: una vita vissuta al
limite e immersa nella violenza. Una vita che la voce narrante accosta ad un
uomo che si butta da un palazzo di 50 piani. Ad ogni piano diceva: “fin qui
tutto bene, fin qui tutto bene”. Ma il problema non è la caduta ma
l’atterraggio. Cadendo non ti fai ancora del male. Bisogna prendere in
considerazione allora l'atterraggio, è come si atterra che determina tutto.
Quello a cui stiamo assistendo in
questi mesi tra Parigi, Bruxelles, Instabul e ieri Nizza sembra una nuova
versione del capolavoro di Kassovitz, ma purtroppo non è un film.
“Vent'anni
fa L'Odio raccontava la vita delle banlieue francesi e dei casseurs, i teppisti
delle periferie urbane francesi cresciuti tra rapine, spaccio e un'insanabile
avversione per il resto del mondo. Oggi figli e successori di quei casseurs
sono il vivaio in cui le cellule europee dello Stato Islamico attingono per
reclutare militanti e finanziarsi attraverso scippi, rapine e spaccio di
narcotici. La prima evidenza di una sovrapposizione tra piccola
criminalità e terrorismo emerge sin dalle prime indagini sulla stragi di Parigi”,
recitava il Giornale in un articolo di Dicembre. E quindi quel film aveva
capito tutto ben 21 anni fa.
Allora occorre tenere i nervi
saldi, vigilare e isolare i predicatori del disprezzo. Se vogliamo un mondo
migliore e una società più giusta, abbiamo solo bisogno di rompere il circolo dell’odio
e della violenza.
Dobbiamo reagire ma la reazione non
deve essere l’odio. Farci diventare dei barbari come e peggio di loro,
questo è il loro obiettivo. Questo sarà il loro successo.
E per reagire abbiamo bisogno che
l’Islam mostri la sua vera faccia, quella colta e sensibile, quella profonda e
moderata, non quella della jihad. Serve un Islam che condanni in piazza queste barbarie e
agisca per isolare questi criminali.
La prima risposta è del Centro Islamico di Roma per mano del Suo Segretario Generale Redouane che oggi ha condannato in maniera ferma e decisa il massacro di Nizza: "E'un atto ignobile e abietto che nessuna religione o morale può giustificare".
La prima risposta è del Centro Islamico di Roma per mano del Suo Segretario Generale Redouane che oggi ha condannato in maniera ferma e decisa il massacro di Nizza: "E'un atto ignobile e abietto che nessuna religione o morale può giustificare".
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