giovedì 2 luglio 2015

La vita in un sacco della spazzatura

Oggi per lavoro ero in Piemonte. All'aeroporto "vengo rapito" da un ragazzo africano molto alto: aveva una maglia nera bucata, dei jeans corti e dei sandali. Era accompagnato da due poliziotti che gli indicavano garbatamente la strada. In mano aveva una busta di plastica nera, chiusa con un laccio bianco, con dentro presumibilmente dei vestiti. Era un migrante. Camminava con dignità stringendo tra le sue mani quello che gli restava di quel viaggio della speranza: un sacco della spazzatura con dentro i suoi effetti personali.
Un bambino migrante un giorno disse: "non sapevo "chi" fosse l'Italia, ma dai loro discorsi capivo che era sicuramente un'amica che ci aspettava affettuosamente. Nonostante ciò non ero del tutto felice, specialmente il giorno della partenza, salutando i nonni... le lacrime della mamma... le lacrime della nonna. Sentivo che mi sarebbe mancata molto anche la mia casa con tutte le cose che mi avevano tenuto compagnia. 
Una volta giunti ci fu da parte nostra un urlo di gioia! Non sapevamo quale sarebbe stato il  nostro futuro, ma sapevamo cosa avevamo lasciato nel nostro recente passato e ciò ci bastava. 

Quel sacco che noi fortunati usiamo per la spazzatura, per lui non era altro che la sua vita. Meditiamoci sopra

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