venerdì 31 ottobre 2014

La mia seconda pelle...un regalo per voi

Mi alzavo, infilando titubante le mie ciabatte, ma poi mi ritrovavo di nuovo seduto sul letto con la testa tra le mani e, la speranza che la mia vita potesse essere diversa, s’infrangeva bruscamente contro una parete bianca di cemento armato.
Ero troppo stanco per dormire e troppo a pezzi per stare sveglio.
Avevo la sensazione di essere come una mosca che, golosa degli avanzi di un pasto, entrava dentro una casa dalla finestra spalancata e, dopo essersi furtivamente saziata, cercava la via d’uscita, ma ogni volta si schiantava contro il vetro della finestra della cucina che, nel frattempo, era stata chiusa dai padroni di casa.
Lo scontro contro un freddo pilone di cemento armato mi riportava alla realtà e capivo che mai più nulla sarebbe stato come prima: ero un dipendente, per la gente semplicemente un “tossico”.
Ne avevo bisogno per alzarmi dal letto, per prepararmi la prima colazione, per ridere con gli amici, per farmi coraggio, per prendere i mezzi pubblici, per essere normale al lavoro, per fare l’amore con la mia ragazza e per sopravvivere ad una vita che si stava dissolvendo rapidamente tra le mie mani.
Mi sentivo come immerso in un oceano di ortiche; un sottile filo spinato, invalicabile, come quello che circonda le mura delle vecchie grigie caserme, mi separava dal resto del mondo.
Ormai ero consapevole di non essere più libero.

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