martedì 5 agosto 2014

Dare fiducia ad un politico

Dal Governo tecnico del Prof. Giuliano Amato in poi (1992), l'unico politico di professione, che è diventato Presidente del Consiglio (anche se non eletto dal Popolo sovrano), è stato l'ex segretario dei Democratici di Sinistra, Massimo D'Alema.
Il politico di professione per lungo tempo dopo gli scandali di Tangentopoli post pentapartito, è stato considerato indegno di essere Premier, incapace di rappresentare l'Italia sulla scena internazionale, insieme agli altri politici europei di professione del presente e del passato (Blair, Zapatero, Merkel, Hollande, Sarzoky, Rajoy e Cameron).
Il professionista della politica dopo tangentopoli, ha consegnato (o meglio è stato costretto a consegnare) l'Italia ai professori, agli imprenditori, a governatori e a direttori generali con risultati tutt'altro che brillanti. Questo perché il ceto politico italiano ha preso coscienza dei suoi limiti e si è autonomamente messo da parte, candidando come Premier, come Governatori ed in certi casi come Sindaci, solo "brillanti" personaggi appartenenti alla società civile;  quando non sono candidati dalla politica, qualsiasi personaggio che decide di fondare un partito e "scendere in campo", ha grande riscontro e un grande seguito.
Il mio grande cruccio da amante della politica e da studioso di scienze e dottrine politiche, è che la politica sia considerata morta da vent'anni.
Facciamoci una domanda: i politici non di professione che sono scesi in campo, dove ci hanno portato? La risposta è evidente.
Berlinguer nella sua famosa intervista del 1981 parlava di questione morale:
"I partiti hanno occupato lo Stato e tutte le sue istituzioni, a partire dal governo. Hanno occupato gli enti locali, gli enti di previdenza, le banche, le aziende pubbliche, gli istituti culturali, gli ospedali, le università, la Rai TV, alcuni grandi giornali. Insomma, tutto è già lottizzato e spartito o si vorrebbe lottizzare e spartire. E il risultato è drammatico.Tutte le "operazioni" che le diverse istituzioni e i loro attuali dirigenti sono chiamati a compiere vengono viste prevalentemente in funzione dell'interesse del partito o della corrente o del clan cui si deve la carica.[…]Molti italiani, secondo me, si accorgono benissimo del mercimonio che si fa dello Stato, delle sopraffazioni, dei favoritismi, delle discriminazioni.[…]Ceti medi, borghesia produttiva sono strati importanti del paese e i loro interessi politici ed economici, quando sono legittimi, devono essere adeguatamente difesi e rappresentati. Anche noi lo facciamo. Se questi gruppi sociali trasferiscono una parte dei loro voti verso i partiti laici e verso il PSI, abbandonando la tradizionale tutela democristiana, non c'è che da esserne soddisfatti: ma a una condizione. La condizione è che, con questi nuovi voti, il PSI e i partiti laici dimostrino di saper fare una politica e di attuare un programma che davvero siano di effettivo e profondo mutamento rispetto al passato e rispetto al presente. Se invece si trattasse di un semplice trasferimento di clientele per consolidare, sotto nuove etichette, i vecchi e attuali rapporti tra partiti e Stato, partiti e governo, partiti e società, con i deleteri modi di governare e di amministrare che ne conseguono, allora non vedo di che cosa dovremmo dirci soddisfatti noi e il paese. […]
La questione morale non si esaurisce nel fatto che, essendoci dei ladri, dei corrotti, dei concussori in alte sfere della politica e dell'amministrazione, bisogna scovarli, bisogna denunciarli e bisogna metterli in galera. La questione morale, nell'Italia d'oggi, fa tutt'uno con l'occupazione dello stato da parte dei partiti governativi e delle loro correnti, fa tutt'uno con la guerra per bande, fa tutt'uno con la concezione della politica e con i metodi di governo di costoro, che vanno semplicemente abbandonati e superati. Ecco perché dico che la questione morale è il centro del problema italiano. [...] Quel che deve interessare veramente è la sorte del paese. Se si continua in questo modo, in Italia la democrazia rischia di restringersi, non di allargarsi e svilupparsi; rischia di soffocare in una palude".
Stante queste riflessioni, proviamo a dare fiducia questa volta a un politico: magari meno applaudito oggi, ma dedicato a costruire un ponte tra il consenso di oggi e quello di domani; un politico "pulito" e "brillante" ma che sia lontano da estremismi ottusi e che tenga come suo credo le parole di Berlinguer.
Lui era un uomo politico serio, sobrio e rigoroso ed è auspicabile veder tornare personalità del genere nella politica e nella vita sociale (a prescindere dal proprio pensiero politico). 
"Quando si chiedono sacrifici alla gente che lavora ci vuole un grande consenso, una grande credibilità politica e la capacità di colpire esosi e intollerabili privilegi. Se questi elementi non ci sono, l'operazione non può riuscire". 
Se gli altri Stati europei ci sono riusciti perché noi dobbiamo abdicare e pensare che tutto sia corrotto e inadeguato.

Proviamoci.

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