Dal Governo tecnico del Prof. Giuliano Amato in poi (1992), l'unico
politico di professione, che è diventato Presidente del Consiglio (anche se non
eletto dal Popolo sovrano), è stato l'ex segretario dei Democratici di Sinistra,
Massimo D'Alema.
Il politico di professione per lungo tempo dopo gli scandali di
Tangentopoli post pentapartito, è stato considerato indegno di essere Premier,
incapace di rappresentare l'Italia sulla scena internazionale, insieme agli
altri politici europei di professione del presente e del passato (Blair,
Zapatero, Merkel, Hollande, Sarzoky, Rajoy e Cameron).
Il professionista della politica dopo tangentopoli, ha consegnato (o meglio
è stato costretto a consegnare) l'Italia ai professori, agli imprenditori, a
governatori e a direttori generali con risultati tutt'altro che brillanti.
Questo perché il ceto politico italiano ha preso coscienza dei suoi limiti e si
è autonomamente messo da parte, candidando come Premier, come Governatori ed in
certi casi come Sindaci, solo "brillanti" personaggi appartenenti
alla società civile; quando non sono
candidati dalla politica, qualsiasi personaggio che decide di fondare un
partito e "scendere in campo", ha grande riscontro e un grande
seguito.
Il mio grande cruccio da amante della politica e da studioso di scienze e
dottrine politiche, è che la politica sia considerata morta da vent'anni.
Facciamoci una domanda: i politici non di professione che sono scesi in
campo, dove ci hanno portato? La risposta è evidente.
Berlinguer nella sua famosa intervista del 1981 parlava di questione
morale:
"I partiti hanno occupato lo Stato e tutte le
sue istituzioni, a partire dal governo. Hanno occupato gli enti locali, gli
enti di previdenza, le banche, le aziende pubbliche, gli istituti culturali,
gli ospedali, le università, la Rai TV, alcuni grandi giornali. Insomma, tutto
è già lottizzato e spartito o si vorrebbe lottizzare e spartire. E il risultato
è drammatico.Tutte le "operazioni" che le diverse istituzioni e i
loro attuali dirigenti sono chiamati a compiere vengono viste prevalentemente
in funzione dell'interesse del partito o della corrente o del clan cui si deve
la carica.[…]Molti italiani, secondo me, si accorgono benissimo del mercimonio
che si fa dello Stato, delle sopraffazioni, dei favoritismi, delle
discriminazioni.[…]Ceti medi, borghesia produttiva sono strati importanti del
paese e i loro interessi politici ed economici, quando sono legittimi, devono
essere adeguatamente difesi e rappresentati. Anche noi lo facciamo. Se questi
gruppi sociali trasferiscono una parte dei loro voti verso i partiti laici e
verso il PSI, abbandonando la tradizionale tutela democristiana, non c'è che da
esserne soddisfatti: ma a una condizione. La condizione è che, con questi nuovi
voti, il PSI e i partiti laici dimostrino di saper fare una politica e di
attuare un programma che davvero siano di effettivo e profondo mutamento
rispetto al passato e rispetto al presente. Se invece si trattasse di un
semplice trasferimento di clientele per consolidare, sotto nuove etichette, i
vecchi e attuali rapporti tra partiti e Stato, partiti e governo, partiti e società,
con i deleteri modi di governare e di amministrare che ne conseguono, allora
non vedo di che cosa dovremmo dirci soddisfatti noi e il paese. […]
La questione morale non si esaurisce nel fatto che,
essendoci dei ladri, dei corrotti, dei concussori in alte sfere della politica
e dell'amministrazione, bisogna scovarli, bisogna denunciarli e bisogna
metterli in galera. La questione morale, nell'Italia d'oggi, fa tutt'uno con
l'occupazione dello stato da parte dei partiti governativi e delle loro correnti,
fa tutt'uno con la guerra per bande, fa tutt'uno con la concezione della
politica e con i metodi di governo di costoro, che vanno semplicemente
abbandonati e superati. Ecco perché dico che la questione morale è il centro
del problema italiano. [...] Quel che deve interessare veramente è la sorte del
paese. Se si continua in questo modo, in Italia la democrazia rischia di
restringersi, non di allargarsi e svilupparsi; rischia di soffocare in una
palude".
Stante queste riflessioni, proviamo a dare fiducia questa volta a un
politico: magari meno applaudito oggi, ma dedicato a costruire un
ponte tra il consenso di oggi e quello di domani; un politico
"pulito" e "brillante" ma che sia lontano da estremismi
ottusi e che tenga come suo credo le parole di Berlinguer.
Lui era un uomo politico serio, sobrio e rigoroso ed è
auspicabile veder tornare personalità del genere nella politica e nella vita
sociale (a prescindere dal proprio pensiero politico).
"Quando si chiedono
sacrifici alla gente che lavora ci vuole un grande consenso, una grande
credibilità politica e la capacità di colpire esosi e intollerabili privilegi.
Se questi elementi non ci sono, l'operazione non può riuscire".
Se gli altri Stati europei ci sono riusciti perché noi dobbiamo abdicare e
pensare che tutto sia corrotto e inadeguato.
Proviamoci.
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