"La libertà religiosa non prende partito né
per la fede, né per la miscredenza; ma in quella lotta senza tregua, che fra di
loro si combatte da che l'uomo esiste e si combatterà forse finché l'uomo
esista, essa si pone assolutamente in disparte. Non dico al di sopra. Poiché il
suo intento non è così altro: non è, come per la fede, la salvezza
ultramondana; non è, come per il libero pensiero, la verità scientifica. Il suo
intento è subordinato invece a questi, ed è assai più modesto e del tutto
pratico. E sta in creare e mantenere nella società una condizione di cose tale,
che ogni individuo possa perseguire e conseguire a sua posta quei due fini
supremi, senza che gli altri uomini, o separati o raggruppati in associazioni o
anche impersonati in quella suprema collettività che è lo Stato, gli possano
mettere in ciò il più piccolo impedimento o arrecare per ciò il più tenue
danno.
Emerge da tutto questo, che la libertà religiosa
non è, come il libero pensiero, un concetto o un principio filosofico, non è
neppure, come la libertà ecclesiastica, un concetto o un principio teologico;
ma è un concetto o un principio essenzialmente giuridico."
(F. Ruffini, La libertà religiosa. Storia dell'idea, 1901, p. 5)
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