venerdì 21 giugno 2013
Le quote latte e la debolezza politica dell' Italia di Andrea Martire
La notizia è arrivata ieri pesante come una manata di Freedy Krueger. L'Italia deve pagare all'Europa la bellezza di un miliardo e 420 milioni di euro per le multe sulle quote latte non riscosse. La vicenda è il paradigma dell'incapacità della classe politica e della pericolosità della ricerca del consenso tout court, come si faceva fin dai tempi del re Sole. Nel 1984 l'Europa, per dare una risposta (che non è una soluzione) al problema della sovrapproduzione di latte (che avrebbe generato un crollo del prezzo e messo in ginocchio centinai di migliaia di produttori europei) stabilì il sistema delle quote; ogni stato membro avrebbe potuto produrre fino a un certo quantitativo di latte.
Se l'avesse superato, sarebbe incorso in "prelievi" (modo elegante per definire le sanzioni, meno politically correct). Il primo errore fu quello di sottovalutare a livello politico la questione. Era l'Italia del pentapartito, erano i tempi della cuccagna e l'Europa veniva vista come uno "svago" cui destinare politici che in patri avrebbero dato "fastidio". Così si finì per accettare l'assegnazione di quantitativi ridicoli, che avremmo superato già all'indomani.
La classe politica nostrana fu inadeguata e poco interessata alle problematiche degli allevatori e molto più attenta alla propria auto-conservazione, intesa come conatus essendi di spinoziana memoria. C'è da dire che gli allevatori sollevarono subito la questione, ottenendo vaghissime promesse di revisione.
Negli anni '90, ai tempi delle prime sanzioni per più di 625 milioni di euro, la protesta degli allevatori trovò sponda in alcune forze politiche del nord (nella pianura Padana si concentra il 90% degli allevamenti italici) che incitavano all'autodeterminazione ed alla rivolta fiscale. E poi andarono al governo. Gi allevatori potevano fare ben poco; se la vacca ha il latte bisogna mungerla. Il primo serio tentativo di negoziare con l'Europa fu di Tremonti nel 2003.
Ci fu il tentativo (grossolano) di barattare il veto posto dall'Italia sulla direttiva che mirava a tassare il risparmio con la rateizzazione delle multe comminate tra il 1996 ed il 2001. Successivamente lo stesso ministro, nel 2009, tentò di far passare l'idea che i conteggi fossero errati e le multe ingiuste. Ma non andò a buon fine, anche perché. Come al solito, l'azione fu isolata e senza la necessaria copertura politica. Ora ci si chiede cosa farà il più debole governo degli ultimi anni di fronte al macigno di questa maxi –sanzione. Anche in considerazione del fatto che dal 2015 le quote latte non ci saranno più ed il mercato sarà auto –regolamentato. Sarebbe questa la fase in cui sferrare una decisa controffensiva contro i rigidi paletti dell'Europa; la stretta fiscale, l'austerità, la riforma della Pac (che scade a fine anno) sono fronti aperti in cui la coalizione dei Paesi virtuosi del nord Europa si scaglia contro il Mediterraneo senza pietà (Grecia e Cipro docet). Ma l'Italia è debole, ha bisogno di sostegno, ha un governo molto limitato nel tempo e nessuna strategia (e quindi, neanche lo straccio di un partner) su temi fondamentali nella geopolitica di oggi quali l'energia, le frontiere, l'innovazione. Non ha, quindi, la forza né armi strategiche per puntare i piedi e intavolare negoziati che non siano capestro. Si presenta, quindi, molto debole. Via d'uscita cercasi.
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