lunedì 14 gennaio 2013

Prima sciupa, poi si spegne: Roma ancora ko di Andrea Marta


Purtroppo questo nuovo anno non è iniziato proprio nel migliore dei modi per i colori giallorossi.
Reduce da un periodo molto positivo, costellato di successi in sequenza e da un gioco soddisfacente, la Roma rientrava dalla sosta natalizia consapevole di doversi imbattere in un Gennaio di fuoco, a partire dalle delicatissime due trasferte consecutive di Napoli e Catania. Due campi molto difficili, per motivi tecnici ed ambientali, che avrebbero misurato in maniera importante le effettive ambizioni della squadra di Zeman.
Ebbene, dopo la nuova caduta del “Massimino” possiamo senza ombra di dubbio parlare di un brusco ridimensionamento e di una Roma che esce piuttosto malconcia dopo la prima giornata di ritorno.
Le premesse non sembravano del resto essere molto incoraggianti: dopo la battuta d’arresto subita una settimana fa al S.Paolo al cospetto di Cavani e soci, i giallorossi perdevano via via i pezzi, presentandosi all’impegno siciliano privi di Pjanic (squalificato), Osvaldo (infortunato), con Marquinhos reduce dalla febbre costretto ad accomodarsi in panchina ed il capitàno Francesco Totti che dava forfait proprio all’ultimo, a causa di un risentimento, e dopo non aver superato il “provino” finale a pochi minuti dalla partita. Così la formazione risultava ampiamente rimaneggiata e rivoluzionata, con Marquinho schierato nel tridente d’attacco in luogo di Totti, Burdisso a far coppia nuovamente insieme a Castan al centro della difesa, Tachtsidis che riconquistava il ruolo di regista (con un’altra esclusione per De Rossi) con Bradley e Florenzi intermedi.
Diciamo subito che malgrado tutto la squadra avrebbe ampiamente meritato di segnare 3 reti nei primi 45 minuti, mostrandosi decisamente in partita e mettendo sotto il Catania sul piano del gioco.
La Roma ha sprecato davvero l’impossibile nel primo tempo di Catania e questo è da ricondursi esclusivamente alla scarsa vena realizzativa dei suoi giocatori che più volte sono arrivati alla conclusione. Almeno in un paio di circostanze, queste opportunità (capitate sui piedi di Destro) sono state a dir poco clamorose. Parliamo di attaccante completamente solo davanti al portiere che non è riuscito a buttare il pallone dentro in modo inspiegabile, al punto che qualcuno è arrivato a pensare che si trattasse di una “maledizione”. Il Catania? Si è visto poco, in balia degli attacchi romanisti, anche se in alcune (poche, per la verità) circostanze specialmente con il velocissimo esterno Gomez si è reso pericoloso in contropiede.
Ma, come già detto, complessivamente gli uomini di Zeman hanno creato nel primo tempo almeno 5 palle goal pulite, gettandole al vento in modo inspiegabile.
Era il preludio ad una Domenica pomeriggio non felice per la Roma. Che purtroppo ha avuto il torto, come accaduto in altre partite, di non avere continuità di rendimento nell’arco dello stesso incontro.
Se nella prima parte ai giallorossi è mancato solamente il goal, a fronte di una prestazione convincente, nella ripresa si è assistito ad un calo vistoso. In cui via via la trama di gioco espressa dagli uomini di Zeman ha dato la netta sensazione di andare a spegnersi ed è allora che il Catania, probabilmente con parecchie più energie da spendere, è uscito fuori ed ha preso il sopravvento.
Questo è avvenuto soprattutto dopo il vantaggio conseguito dagli etnei, frutto di una ripartenza micidiale, con difesa romanista piuttosto alta ed impreparata e il solito Gomez che beffava Goigoechea con un morbido pallonetto. Sembrava una legge scritta, soprattutto perché a subirla era la Roma: primo tempo dominato ma superiorità non sfruttata, calo con conseguente goal subito.
Va detto però che la squadra dopo aver subito la rete del Catania non trovava più il modo di reagire e rendersi pericolosa, ad eccezione dell’ennesima palla goal clamorosamente fallita (stavolta dal neo-entrato Dodò) sotto porta nei minuti finali. Si notava in particolare come rispetto alla prima parte della gara la manovra aveva perso fluidità, con i giallorossi che spesso si rifugiavano in improduttivi lanci lunghi per le punte. Maturava in tal modo una nuova, bruciante sconfitta che unita a quella di Napoli comporta per la Roma una frenata molto brusca. Basti pensare che il team di Mazzarri, nuovamente vittorioso oggi contro il Palermo, è ora terzo con un vantaggio di ben 8 lunghezze nei confronti della Roma.
Stiamo parlando della terza piazza, l’ultimo posto utile per poter ambire alla qualificazione in Champions League. Ma forse sbagliamo noi a parlare ancora di simili obiettivi, per una compagine fin qui totalmente incapace di fornire la minima continuità, in termini di risultati.
Ora più che mai salgono tutti sul “banco degli imputati”, nessuno escluso. E d’altronde non potrebbe essere così. Magari ad averne di ricette per ritrovare al più presto la retta via per poter riuscire a salvare un’altra stagione che sembra seriamente compromessa. Sul piano della prestazione la Roma del primo tempo non è affatto dispiaciuta ed avrebbe meritato di andare a riposo ampiamente in vantaggio. Ma poi quel calo, condito dal goal vittoria catanese, che mostra in maniera evidente tutti i segnali di fragilità più volte evidenziati da questa squadra. Che raramente riesce, pur nell’ambito della stessa partita, ad esser continua per tutti i 90 minuti. Qualcuno potrebbe obiettare che non si può sempre viaggiare a mille e siamo d’accordo perché un calo può essere fisiologico, ma non così vistoso come quello mostrato dalla Roma anche nella partita di Catania. Due volti troppo diversi tra loro. Questo si può dire senza problemi.
Naturalmente, in questa continua ricerca di equilibri fin qui mai trovati, se già ad una difesa non impeccabile si aggiunge il problema di un attacco che in partite come quella di Catania non concretizza le innumerevoli occasioni prodotte, si fa veramente dura. Perché così, quando davanti non concludi, allora a maggior ragione dovresti avere un’organizzazione difensiva ben più solida di quella romanista. Quando invece sistematicamente si presta il fianco alle ripartenze avversarie.
Difficile davvero, dopo due trasferte dall’esito così rovinoso, ritrovare il “filo conduttore”. E’ il momento di non fare processi, ma anzi di trovare unità e compattezza. Tutti insieme: dirigenza, allenatore e giocatori. Per non buttare un’altra (l’ennesima) stagione alle ortiche. Ciò che i tifosi, impagabili come sempre, non meritano nel modo più assoluto.

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