mercoledì 23 gennaio 2013

Ponte si ponte no di Franco Blanda

Con recente deliberazione era stato deciso di mettere una pietra tombale sulla possibilità di realizzare il ponte sullo Stretto di Messina, determinando diversa destinazione ai 300 milioni di euro previsti. 
Con la rituale marcia indietro come è ormai uso in questi tempi, è stato comunicato, che invece l' ipotesi di realizzare il ponte avrà ancora una validità di massima di due anni, sia per evitare l'assunzione di onerosissime penali per la disdetta del contratto firmato nel 2006, pretesa dall'impresa Impregilo, sia per ricercare sul mercato bancabilità tale da escludere eccessivi oneri per lo Stato. Insomma altre tessere dello psicodramma Ponte; la cui puntata iniziale può suggestivamente farsi risalire al 250 a.C. allorquando il console romano Cecilio Metello ricorso alla disposizione di botti vuote su due file, legate fra loro per permettere di varcare lo stretto ad elefanti e soldati. 
Di un collegamento stabile tra la Sicilia e la Calabria si è iniziato a parlare circa 150 anni fa con ottimistica certezza delle conoscenze tecniche raggiunte, da una Compagnia inglese interessata alla realizzazione di una linea ferroviaria, che partendo da Siracusa potesse, valicando lo Stretto congiungersi con le linee dell'alta Italia; alla base c'era l'interesse commerciale della compagnia delle Indie per una rotto fino a Londra agevolata da un'apertura del Canale di Suez. 
I più realistici progetti successivi avevano in fondo del tutto trascurato un rischio derivato dalla sismicità della zona. Successivamente promosse dalla Società Pubblica Stretto Di Messina, prove di laboratorio, scienziati di primato rilievo, frenetici dibattiti e studio di costi avrebbero riscontrato la possibilità di realizzare un manufatto antisismico idoneo per la percorribilità ferroviaria e viaria. 
legge del 1971 accertata la validità sul piano tecnico e riconosciuto il prevalente interesse nazionale per la realizzazione del progetto "Ponte" dava il via libera alla inizitiva, forte anche del riconoscimento europeo. Il Banco di Sicilia, a nome del presidente Professore Giannino Parravicini si era offerto di rendersi capofila di un trust internazionale di banche pronte ad affrontare i necessari finanziamenti, anche sulla base di studi comparativi con altre analoghe opere che avevano assicurato l'ammortamento della spesa in un arco infra quindici anni. 
Un reale impegno e la comprensione del respiro strategico dell'opera, si sono via via affievoliti. Agli antichi retorici slanci di Zanardelli e di Mussolini si sono aggiunti più recentemente sterili sussulti, tra gli altri del Ministro per gli interventi straordinari del Mezzogiorno, Signorile, e di Craxi; altro politico ancora che - lasciamo indovinare a chi leggere -aveva assicurato che a breve si sarebbe potuto andare in Sicilia e di incontrare l'amore, anche alle quattro di notte, senza aspettare i traghetti. 
La convinzione che la realizzazione dell'opera oltre all'evidente interesse che riveste per la Sicilia e la Calabria in termini di lavoro e rilancio dell'immagine internazionale, possa giovare in senso lato all'economia e allo sviluppo del'intero paese, ci porta ora a sperare che il "sentiment" attribuito ai cinesi - una Compagnia Industriale ed anche il Fondo Sovrano cinese - potrà tramutarsi in fatti concreti, capovolgendo una volta per tutte le assordanti remore populistiche del nord.

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