Ich bin berliner, sussurrava convinto il presidente Kennedy a Rudolph Wilde Platz, a Berlino (ovest) nel 1963. Era una frase innocente ma significativa: Io sono un berlinese, diceva, come tutti voi. Quindi, io e voi siamo uguali, vogliamo le stesse cose perché siamo uguali. Un messaggio di unione e vicinanza. La stessa cosa che sta cercando di fare il Ministro per le politiche agricole, Mario Catania, nei confronti delle imprese italiane.
In questi giorni stanno entrando nel vivo le trattative, più o meno segrete, per la riforma della Pac, la politica agricola comunitaria. Tra Bruxelles e Strasburgo la diplomazia avanza tenace. La Pac ha una vigenza di 7 anni, e il 31 dicembre 2013 l'attuale regime finirà. Sembra una politica come tante ma non lo è. Senza entrare in tecnicismi, è in grado di influenzare pesantemente la vita delle aziende agricole, che producono quello che mangiamo. Ecco perché ci interessa.
Tanto per cambiare, siccome ci sono molti soldi che ballano, gli schieramenti politici sono almeno due. Uno parla per bocca di Herman van Rompuy, presidente belga del Consiglio d'Europa. E' sostanzialmente il portavoce dei pesi del nord Europa, merkeliana potenza in testa.
Costoro reputano la Pac troppo costosa, inutile, non attenta al mondo reale. Come se si fossero appena destati dal mito della caverna di Platone, dopo 60 anni di unione e 50 di Pac, tedeschi, olandesi, belgi ed inglesi si sono accorti che la Pac a loro..non conviene. Non conviene alle loro imprese, visto che i prodotti che più vengono sostenuti finanziariamente non sono i loro (ma i nostri), non fosse altro che loro, per morfologia e latitudine producono molte meno cose), non conviene ai loro consumatori perché hanno recentemente fatto negoziare alla Ue un accordo capestro con il Marocco (a discapito di chi, secondo voi? http://www.uci.it/articoli/Al_senato_coro_di_no_allaccordo_agricolo_con_il_Marocco.html), e soprattutto non conviene a loro come Stato, perché la finanza pubblica, oggi, ha problemi ovunque e bisogna spendere meno e meglio.
L'inflessibile custode del danaro europeo, l'oscuro van Rompuy, la sua proposta l'ha fatta: la Pac vivrà, ma avrà ben 25 miliardi di euro in meno nel corso dei sette anni. Se questa formula passerà. L'Italia avrà circa 5 miliardi di euro di meno complessivamente, cioè il 20% del totale.
Di fronte alla invincibile armada sapientemente orchestrata dai nordici, registriamo la Santa Alleanza tra i paesi mediterranei, capeggiata dall'uomo qualunque Francois Hollande, che fa ostruzionismo su altre faccende milionarie che stanno a cuore a Berlino, come il bilancio e la difesa europea. Troveremo la nostra battaglia di Lepanto o il trattato di pace di Sevres? Si andrà allo scontro finale o prevarranno le ragioni della diplomazia?
Agrumi, vino ed olio (prodotti al 90% dall'Europa del sud) sono a rischio. Le imprese italiane se la cavano male in questo momento; solo pochissimi grandi nomi riescono ad esportare, quasi tutti gravitano nell'area pan-europea. Perdere il 20% annuale degli aiuti sarebbe troppo rischioso, parliamo di aziende piccole, per ¾ a conduzione familiare, che rischiano la chiusura. E con loro perderemo un patrimonio di tradizioni e di saperi, a vantaggio di importazioni dall'Africa e da chissà dove. Prodotti buoni, sicuramente. Ma qui si innesta il tema della sicurezza alimentare, della certezza degli approvvigionamenti e del valore del lavoro rurale. La partita è sicuramente politica ma anche noi, nel nostro piccolo, possiamo fare qualcosa. Ora più che mai dobbiamo sostenere il vero made in Italy.
Andrea Martire
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