venerdì 5 ottobre 2012

Mr. Obama ed i pomodori delocalizzati di Andrea Martire

La notizia è passata un po’ in secondo piano, travolti come siamo dalla gesta dei vari supereroi politici di questi giorni. Ma Obama, Mr. Obama, ha puntato i piedi contro il Messico.  
Nel 1994 Stati Uniti, Canada e Messico diedero vita al Nafta (North America Free Trade Agreement), un accordo commerciale di libero scambio sulla falsariga di quello che allora era il trattato di Maastricht. Ha funzionato abbastanza bene o abbastanza male, dipende dai punti di vista. Evidentemente MR. Obama, premio nobel per la pace, propende per la seconda opzione. Come era facile prevedere, e come accadrà banalmente da noi per via dell’accordo con il Marocco, gli effetti non hanno tardato a farsi sentire.  
E così, beni alimentari prodotti con costi inferiori,  e con minori certezze sul piano del rispetto delle norme ambientali, hanno invaso il ricco mercato statunitense a scapito delle costose produzioni locali, facendo così crollare il prezzo dell’ortofrutta. Ma ora il Presidente sembra intenzionato a dire basta. Intende revocare il Nafta, comunque vicino alla scadenza naturale, per bloccare l’espansione dei pomodori messicani e favorire il consumo di quelli locali.
Notizia sconvolgente? No, se la prendiamo per quella che è. Sì, se pensiamo che i gringo producono i preziosi pomodori in California ma soprattutto in Florida. E dove  ha vinto George –double-iu-Bush nel 2000? Proprio in Florida..E in quale stato le querelle presidenziale si preannuncia incerta e “sanguinosa”? sempre in Florida.  C’è il sospetto che sia una mossa politica prima ancora che economica, nata dal bisogno di ingraziarsi i cittadini dello stato per fini  elettorali.
Ma c’è di più; è l’ennesima conferma del fatto che dietro ai prezzi di quello che compriamo c’è una storia, ci sono persone, sentimenti,  a volte dolore. Che votano e che possono determinare decisioni importanti per tutti.  Verrebbe da chiedersi se decisioni di questa portata possano provocare la stessa indignazione nei governanti per altri settori; chissà se al prossimo giro elettorale i contendenti allo scranno della Casa Bianca daranno seguito alle visioni di Zygmunt Bauman,  secondo cui la prossima guerra sarà per l’accesso alle  risorse, o se preferiranno andare verso Martha Nussbaum ed un approccio aristotelico – marxista, in base al quale le capacità personali sono viste come parti costitutive dello sviluppo economico e la povertà ne è invece priva, imprimendo alla questione una connotazione determinista e quasi spietata. Come a dire, se sono poveri lasciamoli così.
Viene da chiedersi:  se Obama si è indignato pure lui, c’è da chiedersi perché non lo faccia anche per altri settori merceologici ugualmente delocalizzati, e perché sia successo solo adesso.  

Andrea Martire    

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