sabato 6 ottobre 2012

Miei riflessioni pre riforma del lavoro: aprile 2012, 1/3


Ci troviamo a confrontare con una delle peggiori crisi economiche che il mondo industrializzato abbia mai conosciuto. Dal 2009 in poi, abbiamo assistito alla chiusura di migliaia d’imprese, alla collocazione in cassa integrazione guadagni, di centinaia di migliaia di lavoratori ed all’improvviso rialzo dell’indice di disoccupazione, tornato a crescere drammaticamente dopo anni di trend occupazionale positivo.
Il nostro Paese però, possiede dei punti di forza che gli possono consentire di far fronte con successo alle conseguenze di queste gravi e profonde crisi economiche di carattere planetario. Non dobbiamo quindi farci prendere dallo sconforto.
La forza dell’Italia risiede nella sua economia “reale”, nel suo sistema socio-economico dinamico, che coniuga tradizione e innovazione, varietà e qualità nell’offerta di prodotti e servizi, apprezzati e richiesti in tutto il mondo. La nostra economia è poco “finanziarizzata”, costruita sui punti di forza dell’industria, del turismo, dell’agricoltura, dell’innovazione, dell’arte e della cultura. Dobbiamo considerare però che la crisi rappresenta uno stato economico che grava su tutti gli operatori del mercato: è un’opportunità per esprimere idee e ingegno. Pertanto non va subita in modo passivo e indifferente, ma deve essere analizzata e affrontata in maniera lucida e attenta, agendo tempestivamente su tutte le principali leve di creazione del valore, mettendo in atto politiche che favoriscano la crescita, il lavoro, l’equità sociale e fiscale.
Il lavoro è una delle leve del valore: infatti “un mercato del lavoro dinamico, flessibile e inclusivo, è capace di contribuire alla crescita e alla creazione di occupazione di qualità, di stimolare lo sviluppo e la competitività delle imprese, oltre che di tutelare l’occupazione e l’occupabilità dei cittadini”.
Nel dibattito sulla riforma del mercato del lavoro, la risposta italiana, potrebbe essere racchiusa in un nuovo diritto del lavoro che tolga rigidità in entrata e in uscita dal mercato del lavoro e che, garantisca alle imprese una flessibilità molto maggiore e nello stesso tempo una sicurezza economica e professionale ai lavoratori.
Ai primi di agosto del 2011, la Banca Centrale Europea (Bce), ha inviato al Governo Italiano una lettera, con la quale sollecitava alcune misure incisive finalizzate a riattivare la nostra crescita economica. Fra queste, il decentramento del nostro sistema della contrattazione collettiva, la flessibilizzazione della nostra disciplina dei licenziamenti, e infine, l’introduzione di tutele economiche e professionali e un’assistenza effettiva e intensiva nel mercato del lavoro a favore dei lavoratori che hanno perso il posto di lavoro. In particolare si faceva riferimento “all'esigenza di riformare ulteriormente il sistema di contrattazione salariale collettiva, permettendo accordi al livello d'impresa in modo da ritagliare i salari e le condizioni di lavoro alle esigenze specifiche delle aziende e rendendo questi accordi più rilevanti rispetto ad altri livelli di negoziazione. Dovrebbe essere adottata un’accurata revisione delle norme che regolano l'assunzione e il licenziamento dei dipendenti, stabilendo un sistema di assicurazione dalla disoccupazione e un insieme di politiche attive per il mercato del lavoro che siano in grado di facilitare la riallocazione delle risorse verso le aziende e verso i settori più competitivi”.
A metà agosto, in risposta a questa sollecitazione della Banca Centrale Europea, il Governo Italiano approvava una nuova legge che ha drasticamente incentivato il ruolo della contrattazione aziendale. Più precisamente la nuova norma (l’articolo 8 del Decreto Legge n. 138 del 2011, convertito in Legge n. 148 del 2011) prevede che ogni contratto aziendale o territoriale firmato da una o più organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale o territoriale, può derogare non solo ad ogni contratto collettivo nazionale, ma anche all’intera legislazione nazionale del lavoro, inclusa la disciplina dei licenziamenti ed escluse solo le norme costituzionali e quelle contenute nelle convenzioni internazionali e nelle direttive europee. Con questa norma, ogni imprenditore “innovatore”, se ha di fronte rappresentanti sindacali lungimiranti, può inserire nella propria azienda un diritto del lavoro, basato su di una coniugazione della massima flessibilità delle strutture produttive, con la massima sicurezza del lavoratore.

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