lunedì 3 luglio 2017

"Non serve sbattersi tanto per essere felici, basta solo accettare la vita così come viene"

Oggi con la morte di Paolo Villaggio, ci lascia l'uomo, l'attore, ma non la sua celebre "maschera" il rag. Ugo Fantozzi: un personaggio che dal 1975 ad oggi, mi è stato compagno di tante risate e forse (a pensarci bene) uno dei pochi elementi di unione in Italia. Un personaggio trasversale sempre di moda. Con lui hanno riso tutti: il benestante e il nullatenente, il dirigente ed il sindacalista, il politico e l'antipolitico. Faceva ridere 42 anni fa, fa ridere oggi (il suo ultimo audiolibro, uscito a Natale, con la sua voce inconfondibile ma invecchiata, mi fa ancora sorridere). Rideva mio papà (quelle risate incontrollabili e contagiose), ridevo io e ride oggi mia figlia. Non invecchia. Il suo messaggio di critica sociale è molto forte e continua a far pensare, ma nonostante questo riusciva a far ridere chi cercava momenti di sano svago davanti ad un film. Ci faceva vedere un mondo del lavoro, tipico delle aziende anni 70, dove la centralità (apparente) del capitale umano, invitato  da logiche aziendali a praticare sport, si scontrava con la realtà per cui alla fine gli ultimi "impiegati" erano sempre le vittime. E'stato anche il precursore contemporaneo del mobbing, incarnando la vittima preferita di colleghi e dirigenti che conieranno per lui l'epiteto che tutti conosciamo. Era colui che riusciva ad essere straordinariamente felice per le piccole cose: una partita in tv era la gioia da godere con "frittatona, birra ghiacciata e rutto libero"Diceva in Fantozzi va in pensione:"Non serve sbattersi tanto per essere felici, basta solo accettare la vita così come viene".

Fantozzi è un personaggio-ossimoro: a volte ha fatto ridere (e tanto), a volte ci ha reso tristi, capace di avere una rima dolce ma anche aspra. L'estremizzazione della maschera Fantozzi, per tanti di noi almeno una volta nella vita, è diventata realtà.

 

Fantozzi è un esempio d'identificazione collettiva, la dimostrazione che sappiamo ridere del peggio di noi stessi, perché come italiani sappiamo essere autoironici. Fantozzi usando le parole di  Paolo Villaggio, "negli anni 70/80 faceva ridere, ma poi con la disoccupazione alle stelle e la crisi che abbiamo affrontato, ti libera dal timore di essere isolato (sfigato) in quel tipo di incapacità ad essere competitivi. Ti rendi conto che Fantozzi lo sono diventati il 90% degli italiani".


#PaoloVillaggio 

 



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