domenica 12 marzo 2017

Dove finisce la nostra libertà?

Ieri siamo andati allo Stadio Olimpico in occasione del Sei Nazioni di Rugby, per vedere il match tra Italia e Francia. Abbiamo comprato dei biglietti di curva Sud e abbiamo portato mia figlia. Intorno a me tre diverse generazioni: alla mia sinistra un gruppetto di quattro ragazzi tra i 15 e i 17 anni di Roma, sotto di me al lato destro un gruppo di tre quarantenni Veneti e infine cinque ragazziCampani, sotto di me al lato sinistro. I gruppetti erano formati da uomini e donne. 
Quello che mi ha colpito di tutti i gruppi era il disinteresse completo per la partita: avevano solo la voglia di stare assieme e (citando uno dei quarantenni) "spaccarsi a bestia"! 
Prima della partita tra inni nazionali e coreografie, la media era di almeno 3 birre per ogni persona dei 3 gruppetti. Al fischio d'inizio i 3 "caciaroni" dei 3 gruppetti, tirano fuori il tabacco, le cartine e il loro pezzettino di fumo con una normalità disarmante e da lì un rito veloce e ripetitivo per i 3 gruppi: prendono una noce di tabacco mista a fumo, la squagliano con l'accendino e la sfilacciano nel palmo della mano. Arrotolano la cartina, inseriscono il filtro e girano la sigaretta tra le dita in modo che il tabacco misto a fumo potesse scorrere uniformemente. Poi il rito dell'accensione e il passaggio tra i membri dei vari gruppetti. Tutto nella completa normalità con quel l'odore acre che aleggiava in libertà. Purtroppo accanto a noi avevo mia figlia e un suo amichetto e che per la libertà di questi 3 gruppetti di spaccarsi a bestia, sono stati costretti a respirare questo schifo per 2 ore. Ragionando sull'accaduto si capisce che gli assuntori di cannabis non sono più identificabili con un unico ceto sociale e si distribuiscono in tutte le classi e in tutte le fasce di età, senza distinzioni di sesso e regione. È cambiata la percezione della droga che dissociandola dall’immagine dell’eroinomane emarginato, è vista come una sostanza del tutto compatibile con una normalissima vita. Si sa che presenta dei rischi, anche se prevale un'idea d’innocuità di queste sostanze e un’atmosfera di normalità che si sta diffondendo. Sono sostanze che facilitano la socialità e non sono sostanze da inoculare e quindi non lasciano segni visibili. 
Il mondo del consumo è spesso caratterizzato dalla poliassunzione, abbinato anche con sostanze lecite: si beve alcol e alla fine con una canna ci si rasserena gli animi. Sono cambiati gli assuntori, ragazzi e ragazze giovani che studiano o lavorano ma anche professionisti di fascia alta. Cambiano anche i luoghi di consumo, non solo durante le partite, i rave e in discoteca, ma anche tra le mura domestiche. 
Si sottovalutano però le conseguenze come la depressione, gli incidenti automobilistici, l’ansia, il panico: e per avere queste conseguenze non serve l’abuso ma basta anche l’uso associato ad una specifica predisposizione del soggetto. Ciò che preoccupa è che tutto questo avviene davanti a tutti, senza preoccupazioni: è normale. Non oso immaginare con la legalizzazione cosa possa accadere. Legalizzando, infatti, si dichiara che ciò che è legale è normale, e quindi morale: non è quindi solo la sostanza ad essere legalizzata, ma sono le ragioni che conducono a consumarla che si trovano legittimate. Alla fine della partita ho contato almeno una media di otto birre e di quattro canne per uno.
Una domanda per chi legge: questi tre gruppetti fumavano perché il prodotto era proibito o perché soddisfavano un bisogno (quello di spaccarsi)? La proibizione è legata all’offerta, ma l’offerta esiste perché c’è una domanda e la domanda c’è, non perché il prodotto è proibito, ma perché corrisponde ad un bisogno la cui origine è psicologica e sociologica. 
La domanda di droga se non affrontata in maniera adeguata continuerà a crescere anche legalizzando. 

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