Sono stato invitato a partecipare a questo blog da
Andrea. Mi piace scrivere, ho scritto molto in questi anni, ma non partecipo
attivamente a blog o discussioni online. I motivi sono vari, ma non sono
l’oggetto di questo mio intervento. Ho deciso di lasciare una testimonianza in
questo blog a causa del rapporto particolare che mi lega ad Andrea, ma
soprattutto per il rispetto e per il piacere suscitato dalla notizia della sua
prima opera letteraria auto-prodotta. Con questa testimonianza i nostri mondi
“letterari” in qualche modo si toccano e si incontrano.
Sono un designer e il mio
contributo vuole essere un omaggio a questa disciplina, a questa missione, a
questa idea. E un appello rivolto a tutti i progettisti del mondo e alle aziende
per cui lavorano.
Il designer e’ un individuo
chiamato a creare un “qualcosa” che in un modo o nell’altro impattera’ la
societa’: spesso quel “qualcosa” e’ un oggetto, altre volte e’ un brand o un
servizio o una strategia.
Dietro al designer c’e’ sempre un ente organizzato che rende
possibile che quell’idea creativa raggiunga il mercato e venga commercializzata
e fruita da un utente: solitamente tale “ente” e’ un’azienda, ma puo’
eventualmente essere qualsiasi altra organizzazione in grado di produrre e
distribuire.
Designers e aziende godono del peso di un dovere e del piacere di
un’opportunità: attraverso i prodotti che sognano e producono possono
influenzare milioni di persone, educarle, dar loro sicurezza, creare piacere,
generare sorpresa. Possono plasmare esperienze che formino la società stessa e
la indirizzino verso quello che sarà. Si pensi a come Steve Jobs e Apple hanno
radicalmente cambiato il nostro modo di comunicare, lavorare, passare il tempo
libero, attrraverso la creazione di “oggetti” come l’Ipod, l’Iphone o l’Ipad. È
nostra responsabilità dunque, come progettisti e come aziende, cercare di
progettare, commercializzare e diffondere prodotti “positivi”, in grado di
creare valore per la comunità.
Mi piace
pensare che ci siano tre valori di base che definiscono un prodotto come
“positivo”. Tre valori imprescindibili che dovrebbero essere un faro costante
nel mare del possibile, un riferimento meta-progettuale disegnato a priori:
l’Eticità, la Sostenibilità e l’Eleganza. E’ nostro dovere e nostro piacere
progettare e condividere prodotti positivi, ovvero che siano quanto più etici,
sostenibili ed eleganti possibile.
Il prodotto
“Etico” è ovviamente relativo alla definizione corrente di Etica e in quanto
tale è dinamico nel tempo. Non è questa la sede per inoltrarsi
nell’intricatissima selva di definizioni, accezioni ed eccezioni di questo
concetto - ed ogni tentativo parziale non sarebbe adeguato alla profondita’ del
tema - ma come ideatori o produttori di artefatti ed esperienze dovrebbe essere
sempre nostra prerogativa confrontarci con gli interrogativi etici personali e
della società, producendo soluzioni assolutamente consapevoli relativamente a
questo tema.
Il prodotto “Sostenibile” è un
atto di rispetto e di sopravvivenza. Per l’ambiente, per noi stessi e per le
generazioni che ci sopravvivranno. Ideare prodotti che siano in grado di
dialogare con la natura, integrandosi e trasformandosi senza distruggere, deve
essere un obiettivo cardine della progettazione e della produzione. Questo
valore ha ancora più peso nella società moderna, nella civiltà del consumo
globale e della mass
customization, laddove la stessa tipologia di
prodotto viene acquistata e fruita contemporaneamente dallo stesso utente in
svariati esemplari, generando sì differenti esperienze positive, ma anche
moltiplicandone esponenzialmente l’impatto sulla società e sull’ambiente. È oggi
impossibile invertire questa tendenza e d’altronde non penso sia ciò di cui la
società abbia bisogno: lo scenario attuale rende possibile vivere esperienze
nuove, complesse e costruttive (purtroppo solo ad una frazione del globo, ma
questo è un problema che ha radici ben più profonde rispetto al disegno di un
prodotto) che non erano assolutamente realizzabili poche decine di anni orsono.
Sin dall’atto della progettazione occorre fare in modo che queste esperienze di
piacere non si trasformino in esperienze di distruzione per noi e per il
prossimo nel momento della fruizione e della dismissione. Vogliamo progettare
prodotti in grado di soddisfare sogni e bisogni della società attuale senza
compromettere l’abilità e le risorse necessarie a soddisfare i nuovi sogni e i
nuovi bisogni delle generazioni future.
Infine, il prodotto “Elegante” è una concessione che mi permetto a
favore di un lato della questione apparentemente più superficiale, ma di sicuro
impatto sulla società. L’eleganza è armonia, è dialogo unisono tra elementi, è
equilibrio sottile e piacevole. L’eleganza è una nota silenziosa, inarticolata
eppur soavemente percepita, che quando viene a mancare fa frantumare la
piacevolezza dell’esperienza. L’eleganza non è uno stile, è bensì la soluzione
più semplice ed efficace per risolvere un problema aritmetico o un progetto di
uno stampo a iniezione. L’eleganza è nel prodotto così come nel processo.
L’eleganza è ogni albero, ogni fiume, ogni spiaggia, ogni montagna: la natura è
e sempre sarà elegante. L’eleganza è bellezza. L’eleganza può essere in un viso,
in un portamento, in un dettaglio di una giacca. L’eleganza suprema è innata:
l’uomo ce l’ha oppure non ce l’ha. Ma il designer, novello demiurgo, ha il dono
di poterla regalare ai propri oggetti. L’oggetto elegante è in equilibrio con se
stesso e con il mondo, è semplice, non in assoluto bensì relativamente alla
propria natura. E quindi l’eleganza può essere un muscolosissimo aspirapolvere
Dyson così come una sobria nota riposizionabile Post-it ®. L’eleganza rende la
società più bella, più piacevole, più pacifica, in quanto è armonia dinamica di
elementi, di persone, di oggetti. L’eleganza è design. Il design è e deve essere
Eleganza.
Il dovere dei progettisti e delle aziende moderne è quello di
plasmare prodotti che siano sempre imprescindibilmente Positivi, ovvero Etici,
Sostenibili ed Eleganti. Questo è il dono che possiamo lasciare in eredità alla
società moderna e a quella che verrà.
Mauro #Porcini
Molto interessante il concetto di design positivo come responsabilità per i progettisti di creare valore per la comunità...Grazie Mauro!
RispondiEliminaBravo Mauro, cosa si prova ad essere un designer italiano cosi conosciuto e stimato in America?
RispondiEliminaGrazie… Beh, è incredibile come l’”italianità” sia apprezzata qui in America e in quelle tante altre regioni del mondo con cui lavoro quotidianamente. Mi riempie d’orgoglio poter rappresentare la creatività del nostro paese sullo scenario internazionale… È un’esperienza entusiasmante ed una sfida affascinante….
EliminaMauro